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Roma, il centrodestra cali un asso per il collegio di Roberto Gualtieri. Sinistra in tilt

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Francesco Storace
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Fra nove giorni si deve presentare la candidatura per “il collegio di Gualtieri”, come lo chiamano quelli che lo vorrebbero appaltato in eterno al Pd. Doveva essere aggiudicato a Giuseppe Conte, che però è scappato come un coniglio. E si ricomincia dal candidato zero. Sembra una telenovela. Scompare la politica che lottava, si sfidava, rischiava: ora vogliono tutti la vittoria facile.

Ma c’è un’altra domanda da porsi, perché nella Capitale non esistono solo Pd, M5s e il partito di Calenda: il 16 gennaio, quando si voterà per la Camera nel centro storico di Roma, quali sono le intenzioni del centrodestra? Riuscirà a farsi perdonare la candidatura sbagliata di Enrico Michetti per il Campidoglio? Non per la persona, che merita comunque rispetto, ma per un contesto in cui sembrava davvero l’ultimo dei pensieri possibili quello legato al pretendente a guidare la città di Roma.

Senza elezioni primarie, l’ipotesi Giuseppe Conte è svanita come un gatto in tangenziale. È bastato il bau bau contemporaneo di Carlo Calenda e Matteo Renzi per mandare in tilt il centrosinistra. E qualunque alleanza con i Cinque stelle sarebbe sabotata dai due centristi (che si odiano pure tra di loro).

Che aspetta il centrodestra – proprio a nove giorni dalla scadenza del termine per la presentazione – a calare il proprio asso per una sfida che potrebbe segnare la rivincita dopo il disastro delle comunali? Oppure non si parlano nemmeno tra di loro i responsabili locali e nazionali della coalizione per dare un segnale di vita a partire dalla Capitale d’Italia?

Quel collegio – in proporzioni territoriali più ampie rispetto ad ora, quando era vigente il Mattarellum – vide affermarsi anche Silvio Berlusconi. E nella zona accanto, Prati, Gianfranco Fini. Possibile che ora debba essere considerato zona off limits per quella che resta la prima coalizione della città? 

Soprattutto se come sembra comunque ci saranno divisioni nel campo avverso, c’è il dovere di provarci. È una partita tutt’altro che persa, soprattutto se la si combatte. Ed è proprio questa la certezza che si deve tornare ad offrire agli elettori – che sono tantissimi – del centrodestra romano: si vuole combattere, si vuole vincere.

Ma serve un pezzo grosso, riconoscibile, che possa galvanizzare l’elettorato per la conquista di un seggio che è pazzesco pensare di poter regalare alla sinistra senza neppure tentare.

Basterebbe pensare a importanti personaggi televisivi ai quali chiedere di impegnarsi politicamente. In fondo, andare alla Camera dei Deputati alla vigilia delle elezioni per il nuovo Capo dello Stato potrebbe essere anche allettante, immaginando nomi di indubbiata attrazione e altrettanto coraggio come Daniele Capezzone, Maria Giovanna Maglie o Nicola Porro, tanto per restare su Roma. 

Oppure personalità politiche che oggi non sono in Parlamento, come Antonio Tajani o – finalmente – Gianni Letta. Accanto a ciascuno di essi potrebbe formarsi una mobilitazione corale pronta ad organizzare la rivincita. 

Ci sono anche imprenditori conosciuti davvero, ma bisogna chiamarli e andarci a parlare di corsa. Farebbe una bellissima corsa col sapore della rivincita dopo il “no” del Palazzo al suo meritato ingresso al Senato anche uno come Claudio Lotito.

Ma guai, comunque, a restare fermi un giorno di più. È tempo di scegliere e di mobilitare. La ferita sanguinosa dell’astensione alle elezioni comunali deve essere guarita al più presto, non è più possibile accettare che l’alternativa alla sinistra sia rappresentata dall’astensione. Perché questo rischia di essere lo scenario, tanto più in elezioni suppletive per sostituire un deputato.

Provarci è d’obbligo. In fondo bisogna solo dimostrare un po’ più di coraggio rispetto a Giuseppe Conte. E rispetto per un territorio che il Pd utilizza come un taxi per far correre chi prende voti e scappa a fare altro: Gentiloni e Gualtieri, ad esempio… Oppure un imprenditore conosciuto davvero. Se fossi lotito pretenderei la rivincita rispetto al palazzo. O finalmente Gianni Letta.

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