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Stop ai furbetti del Superbonus, Draghi fa il blitz

Nadia Pietrafitta
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Da una parte il «non governo», dall’altra il «coraggio delle riforme». In un momento nel quale le tensioni all’interno della maggioranza, anche con l’avvicinarsi dell’elezione del successore di Sergio Mattarella al Quirinale, non accennano a scemare, Mario Draghi sceglie le parole di Ugo La Malfa per segnare la rotta. Il premier è alla Camera per la presentazione dell’archivio digitale degli scritti politici di quello che definisce «uno dei principali costruttori della Repubblica», sa che ad attenderlo c’è una nuova giornata di «trattative» con gli stakeholders della maggioranza che lo sostiene e mette le cose in chiaro, approfittando della «lezione» di La Malfa. Solo «dinamismo» e «programmazione» possono trasformare un periodo eccezionale «in una stagione di crescita di lungo termine».

Di qui, contro «l’incapacità di affrontare i problemi», è forte la necessità di mettere in campo «un’azione paziente ma decisa, che eviti gli sterili drammi degli scontri ideologici - scandisce - per dare all’Italia una prospettiva di sviluppo, coesione, convergenza». L’ex leader Bce mette in pratica «l’insegnamento» di La Malfa non appena fa ritorno a Palazzo Chigi. Sul tavolo della cabina di regia con i capidelegazione dei partiti c’è il decreto Anti frodi, con le misure di controllo sulle agevolazioni fiscali. Draghi intende «preservare» i bonus dalle storture che ne sono state fatte, che secondo alcune stime fatte dall’Agenzia delle entrate, «pesano» in modo certo per 800 milioni l’anno (mentre verifiche sono in corso su altri 200). Il premier ne fa una questione di «credibilità». Così come per i fondi del Pnrr, le risorse messe sul tavolo per le riqualificazioni edilizie devono essere spese in modo «equo e responsabile», altrimenti il rischio è quello di perdere «la fiducia» dei cittadini. Draghi cita come esempio lo stanziamento per il Biafra fatto a fine anni ’70, in gran parte andato perduto per frodi e corruzione. Non tutti, però, apprezzano. Il M5S, preoccupato che l’eccessiva «burocratizzazione» dei meccanismi di controllo possa «impantanare» il superbonus, prova a «rimandare» la questione in Parlamento, derubricando il decreto a emendamento da presentare alla manovra. In Consiglio dei ministri Stefano Patuanelli, assente in mattinata alla cabina di regia, rinnova le perplessità del Movimento, chiede di procedere attraverso una modifica parlamentare (così come è stato fatto per l’eliminazione del tetto Isee a 25mila euro per gli incentivi al 110% per le villette unifamiliari), ma Draghi tira dritto e incassa l’ok di tutti sul testo. Il decreto estende l’obbligo del visto di conformità, previsto ora per la cessione del credito o lo sconto in fattura, anche nel caso in cui il superbonus al 110% venga utilizzato dal beneficiario in detrazione nella propria dichiarazione dei redditi, tranne nei casi in cui la dichiarazione stessa sia presentata direttamente dal contribuente o tramite il sostituto d’imposta.

L’obbligo per il visto di conformità viene inoltre esteso anche in caso di cessione del credito o sconto in fattura relativi alle detrazioni fiscali per lavori edilizi diversi da quelli che danno diritto al «superbonus al 110%». L’Agenzia delle Entrate, inoltre, può sospendere fino a 30 giorni l’efficacia delle comunicazioni su cessioni del credito o su sconti in fattura inviate alla stessa Agenzia che presentano particolari profili di rischio, ai fini del relativo controllo preventivo e viene disciplinata, razionalizzata e potenziata l’attività di accertamento e di recupero dei crediti. Il M5S esulta per aver stralciato un’ulteriore specifica che «avrebbe appesantito di burocrazia uno strumento che abbiamo semplificato», ma promette comunque battaglia in Parlamento. Il braccio di ferro, c’è da giurarci, andrà avanti tra Senato e Camera anche sulla legge di bilancio. Il testo, il cui arrivo a palazzo Madama è previsto tra oggi e domani, è salito a 219 articoli, rispetto ai 185 previsti nella prima versione esaminata dal Cdm lo scorso 28 ottobre. Giorgia Meloni prepara le barricate: «Ma è possibile calpestare in questo modo le regole? - tuona la leader FdI - Come Fratelli d’Italia siamo indignati: pretendiamo rispetto e chiediamo ai presidenti di Camera e Senato, Fico e Casellati, di far sentire forte la loro voce in difesa delle prerogative del Parlamento e dei parlamentari». Anche Matteo Salvini non manca di manifestare il suo disappunto dopo la mancata convocazione della Lega ieri per il punto sulla manovra. «Non faccio io gli inviti di Palazzo Chigi. La Lega è il perno di questo Governo, quindi certe dimenticanze stupiscono», attacca, chiedendo al premier una cabina di regia anche «sui furbetti del reddito di cittadinanza».

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