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Riforma della concorrenza, ecco la nuova sfida di Draghi

Angelo De Mattia
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Entro la prossima settimana o, al più, entro il mese dovrebbe vedere la luce la proposta del Governo di riforma della normativa sulla concorrenza, nel quadro delle misure previste dal Piano di ripresa e resilienza (Pnrr). la revisione avrebbe dovuto essere proposta ai primi dello scorso luglio, poi è slittata, verosimilmente sotto la spinta di posizioni diverse, a volte opposte, nella maggioranza di Governo, a dopo le ferie. Per questa materia, purtroppo, non vi è un Nobel che solleciti autorevolmente misure adeguate, come è accaduto per i fondi della ricerca scientifica ritenuti giustamente insufficienti dal recente Nobel, Giorgio Parisi, la cui autorevolezza è stata decisiva per indurre un aumento della dotazione, della cui necessità il Governo si è accorto solo dopo il richiamo del grande fisico. Per la proposta sulla concorrenza l'Esecutivo potrebbe anche attendere prossime decisioni del Consiglio di Stato su di uno dei temi più complessi, le concessioni balneari, che sono oggetto di controversie approdate all'esame della giustizia amministrativa. Naturalmente, se ciò avviene, è anche un sintomo della non sufficiente sicurezza in cui il Governo ritiene di trovarsi nell'affrontare la materia che è particolarmente divisiva, ma che si riconnette alla Direttiva Bolkestein riguardante i servizi in generale. L'altro tema, del pari delicato, è costituito dall'affidamento «in house» di lavori e opere, in particolare ad opera degli enti territoriali.

La bussola, piuttosto che rispondere a visioni teoriche se non ideologiche o attardarsi su discussioni se la concorrenza sia di sinistra o di destra, deve essere la tutela del consumatore e, nel mercato bancario e finanziario, del risparmiatore. A questo fine vanno parametrati gli interventi, anche se sta nascendo un nuovo indirizzo, negli Usa, secondo il quale, pur se si dovesse retroagire nelle condizioni a favore del consumatore per esempio in materia di prezzi dei beni, norme contro le diverse forme di potere di mercato andrebbero del pari emanate: insomma, la concorrenza come bene in sé, in astratto, a prescindere dalle sue dirette ricadute. Andranno, comunque, attentamente valutate le innovazioni che saranno proposte dal Governo, anche per quel che attiene ai poteri delle competenti Authority, nonché i raccordi con le Autorità europee, soprattutto perché con la globalizzazione e lo sviluppo, anche se non ottimale, dell'integrazione comunitaria, i mercati di riferimento ai quali rapportare l'esame del rispetto delle norme pro-concorrenza si ampliano, oltre, ovviamente, l'ambito nazionale. Ma il «punctum dolens» della prossima riforma, che finora non risulta affrontato quanto meno da un'ottica concettuale, è il ruolo del «pubblico» secondo la visione che il Governo ne dovrebbe avere. In occasione di una delle prime conferenze-stampa quale Premier, Mario Draghi disse che allora non aveva «a priori» una specifica visione del " pubblico" (e del «privato») e che se ne sarebbe parlato quando i casi concreti sarebbero sorti (in quell'occasione vi fu un accenno al Montepaschi di cui lo Stato ha il 64 per cento). A questa classificazione si legano i temi delle privatizzazioni, delle dismissioni, del rapporto convergente «pubblico» - «privato». La presentazione della progettata rivisitazione è l'occasione per parlarne anche perché, in linea generale, non è certo preclusa la strada dello svolgimento, da parte del «pubblico», di attività economiche, ma ciò deve avvenire nel rispetto delle norme europee e nazionali sulla concorrenza e sul libero mercato. 

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