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Condono e riforma del catasto, così hanno fatto il biscotto a Letta

Filippo Caleri
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Enrico Letta e i suoi compagni si sono spellati le mani per applaudire l’approvazione della legge delega fiscale da parte del governo. Hanno gongolato della sufficienza con la quale il premier Mario Draghi ha trattato lo strappo di Matteo Salvini e dei suoi ministri assenti al tavolo di Palazzo Chigi. Ma non hanno ancora capito che l’esecutivo di SuperMario gli ha fatto la «festa». Anzi li ha messi proprio nel sacco. Perché mentre si ergevano a difensori del governo di unità nazionale contro i capricci leghisti, nel testo, nascosti tra le righe, passavano con il loro placet principi che sono quanto di più distante dal programma ideologico targato Pd. Già, una delle prime giustificazioni date dal premier sulla riforma del catasto è stata quella di avere un fotografia aggiornata del patrimonio edilizio privato censendo anche i cosiddetti immobili fantasma. Cioè case che non sono state mai registrate e denunciate. Ma che esistono, sono abitate e vissute. E spesso sono state costruite per necessità o per cortocircuitare le interminabili procedure di amministrative per la sanatoria. Ecco, la parola che forse il Pd non ha compreso è proprio quest’ultima che fa il paio con il termine che, per la sinistra, ha da sempre l’odore dello zolfo demoniaco: condono edilizio. Insomma dare una rendita e una valutazione a un immobile che non l’ha mai avuta, pone le basi per una delle più grandi operazioni di perdono degli abusi mai fatta nella storia repubblicana. Un’operazione passata sotto il naso dei dem senza che nessuno ne facesse motto.

Molta più intelligenza tattica hanno mostrato invece tanti cittadini che, nelle loro case hanno per necessità, convertito lavatoi e soffitte in mini attici, o spazi vuoti tra i muri in stanze per i loro figli. O ancora cantine polverose in taverne ben arredate. Ebbene, appena ascoltate le parole del capo del governo sul tema, in molti hanno subdorato la possibilità di regolarizzare piccoli e, potenzialmente, grandi abusi mettendosi d’accordo con l’agenzia delle Entrate. In sintesi: per ironia della sorte, il condono edilizio, uno dei cavalli di battaglia del centrodestra diventerà presto una possibilità offerta dal fisco, grazie ai voti di chi ha sempre avversato la pratica. E non finisce qui. Perché il diavolo (lo stesso del condono) si nasconde sempre molto bene nei dettagli. E in un’altra riga del testo approvato dal Cdm si cela, potenzialmente, un’altra situazione che a un rappresentante del centrosinistra darebbe il voltastomaco. A segnalarla una riflessione dell’ex viceministro dell’economia, Enrico Zanetti, che in un colloquio con il Tempo ha messo in risalto la possibile criticità dell’unificazione in capo a un unico soggetto dell’attività di accertamento delle tasse con quella della riscossione. Un passaggio che potrebbe determinare un cortocircuito che potrebbe dare una vita più felice agli evasori totali rispetto a quelli che hanno deciso di lasciare il mondo del sommerso ed emergere. Questo per un semplice motivo. Ogni addetto a stanare i furbetti delle tasse ha un obiettivo annuale di gettito da recuperare. Ora, cercare un evasore totale è attività complessa e faticosa, e un euro che deriva da quella attività è benedetto. Ma se allo stesso addetto fosse concesso di raggiungere i suoi obiettivi di soldi da recuperare anche attraverso la riscossione sarebbe possibile che lo stesso cerchi soldi, attraverso copiose cartelle e atti ingiuntivi, nelle tasche di chi ha lasciato il nero è che ha, con molta probabilità ancora conti da sanare per il pregresso. Insomma la commistione tra le due attività potrebbe depotenziare la vera lotta all’evasione, quella fatta di lotta all’occultamento totale di imponibile e di frodi carosello ad esempio, a vantaggio di un’attività più semplice e comunque remunerativa per l’erario. Un favore ai grandi furbi. Questa volta con l’avallo di chi, come i Dem, vede gli evasori come il diavolo (sempre lui).
 

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