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Roma 2021, il centrodestra fa festa solo nella Capitale: il ballottaggio è in salita ma si può vincere

Franco Bechis
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Enrico Michetti è la sola carezza che gli elttori italiani hanno voluto dare al centrodestra almeno nelle città più importanti dove si è votato fra domenica e ieri. Il suo è il solo risultato che rispecchia quella forza che la coalizione aveva nei sondaggi, ed è molto vicino a quello ottenuto dalla somma dei partiti che lo sostenevano.

Un successo personale, visto che Michetti ai più era sconosciuto prima di questa avventura e a molti osservatori la sua candidatura era sembrata rischiosa. Non aveva sbagliato invece Giorgia Meloni. Michetti ha mostrato pazienza e tenuta. Sorridendo del tentativo di trasformarlo in macchietta, con i suoi manifesti elettorali: «Michetti chi?». La risposta è arrivata ieri e pochi ci avrebbero scommesso: «Il candidato sindaco più votato a Roma». Avevo incontrato il candidato del centrodestra all'inizio di questa campagna elettorale e l'ho rivisto poi giovedì scorso quando è venuto a Il Tempo per un forum sui problemi della capitale. L'impressione è stata decisamente buona: ha grande padronanza dei problemi della città, qualche soluzione pratica assai sensata, idee suggestive. Parla di quel che conosce, ed evita giudizi affrettati.

Se non è materia sua non si avventa in una dichiarazione vaporosa, e a questo aggiunge mitezza di carattere e il rifiuto di attaccare personalmente gli avversari. Il risultato molto buono al primo turno che insieme al risultato della Calabria è la sola nota positiva per il centrodestra. Il primo passo è compiuto, ma le prossime due settimane saranno in salita. Al ballottaggio nessuno parte battuto, ma gli elettori di Virginia Raggi e di Carlo Calenda non sono facilissimi da convincere. Probabile che la maggiore parte di loro diserterà le urne. Possibile anche che Giuseppe Conte abbia concordato se non un abbinamento almeno un apprezzamento alla persona di Roberto Gualtieri che è stato ministro dell'Economia nel suo esecutivo.

Saranno difficili questi 15 giorni, ma la strada c'è: parlare ai cittadini di Roma, offrire soluzioni ai loro problemi, magari integrarle anche con le migliori idee dei programmi dei due avversari restati fuori che Michetti a differenza di Gualtieri ha sempre rispettato nella prima parte di questa corsa. L'uomo ha tutte le qualità e le capacità necessarie all'impresa e la battaglia è davvero alla sua portata. Due parole anche sul risultato nazionale. Non è andato bene per il centrodestra - molto al di sotto delle aspettative - e certo c'è da riflettere sui candidati scelti a Milano e Napoli che non sono sembrati all'altezza della situazione. Ma complessivamente il risultato dice che la Lega ha pagato molto caro il prezzo della sua scelta di entrare nel governo di Mario Draghi, che ha contribuito a una caduta seria dei consensi, mentre Fratelli di Italia ha guadagnato consensi per la scelta esattamente opposta, pur senza riuscire ad amarre tutto il voto in uscita dagli alleati, che in gran parte ha scelto di restare a casa. Contrariamente a quel che si scrive da mesi, non sono state le ambiguità del Salvini di lotta e di governo a provocare l'emorragia.

La linea alternativa governista nella Lega - quella di Giancarlo Giorgetti - ha subito analoga batosta: rispetto alle attese della vigilia probabilmente il risultato più deludente al primo turno è stato quello di Paolo Damilano a Torino, candidato impalmato proprio dal ministro dello Sviluppo Economico. Da anni la forza elettorale del centrodestra sempre stata quella di essere anti-sistema, in Italia come di fronte all'Europa, sia pure con accenti diversi. La Lega di sistema ha avuto risultati importanti al Nord, ma in Italia o ha faticato a raggiungere il quorum del 4% per arrivare in Parlamento o nei suoi momenti migliori non è riuscita ad andare oltre 18%. Quella fatta crescere da Salvini prima sopra il 17% (elezioni 2018) e poi oltre il 30% (europee 2019) ha cavalcato ogni tema anti-sistema. È evidente che quell'elettorato non comprende la scelta di entrare nel governo Draghi. Probabilmente è stata suggerita da un ritornello che spesso gira nei palazzi del potere e che ha avuto presa su Salvini: «guarda che se anche voi vincete e stravincete, non vi faranno mai governare perché siete troppo anti-sistema».

Il rischio è vero, e vale per Salvini come per la Meloni. Ora però è ben visibile l'altra faccia della medaglia: facendo quello che è stato suggerito al governo il centrodestra non arriva di sicuro, perché mancano i voti. Tocca ai leader capire quale scelta più dannosa.

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