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L'ultima sceneggiata di Giuseppe Conte: ora si crede Napoleone

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Paolo Cirino Pomicino
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La pantomima del Movimento 5 Stelle non è ancora finita mentre l’avvocato Giuseppe Conte, statista per caso, si lancia in proclami napoleonici. Parla del grande plebiscito registrato dalla sua presidenza solitaria avendo votato circa il 60% degli aventi diritti con 62 mila voti di preferenza (oltre l’80%).

Per capire di cosa parliamo con i 62 mila voti ricevuti nella Prima Repubblica a Napoli si veniva eletti alla Camera tra gli ultimi posti mentre i circa 115 mila iscritti al Movimento rappresentano il 60% dei nostri voti di preferenza presi nel 1987.

 

Ci permettiamo di fare questa comparazione solo per far comprendere come ormai siamo entrati nella cittadella di Lilliput dove manca un qualsiasi Gulliver e dove un simpatico professore foggiano si esalta per aver riportato questi voti e con questo numero di votanti. Risultati, peraltro, non certificati da nessun organo di garanzia né interno né esterno al Movimento e con in pista una sola candidatura.

 

E qui sorge il primo problema del corso del cosiddetto nuovo Movimento. Ma da quando in qua in tutto il mondo politico non c’è competizione per la guida del partito e si vota sì o no su di una candidatura scelta da uno strano sinedrio? La democrazia politica ha ben altri riti, da quelle delle primarie americane ai congressi di tutti i partiti europei che durano diversi giorni con dibattiti spesso infuocati e appassionati. Chi ha proposto Giuseppe Conte, forse Alfonso Bonafede su consiglio dell’avvocato Alpa o un gruppetto di parlamentari impauriti? E perché non hanno convocato un congresso con tutte le norme di sicurezza anti Covid per fare un dibattito su temi sbandierati tre anni fa ed oggi pesantemente dimenticati come il tema del capitalismo finanziario? E cosa mai ha detto Giuseppe Conte sull’Europa e sulla collocazione del Movimento nel Parlamento europeo nel quale nessun gruppo vuole accoglierlo? Forse perché l’avvocato Conte non ha ancora spiegato qual è la nuova identità del Movimento se mai ne avesse avuta una prima del suo avvento.

 

Noi non vogliamo sparare sulla croce rossa ma restiamo sconcertati dal fatto che si battezzi come uno statista chi intervistato dice, come ha fatto Luigi Di Maio, che chi destabilizza il governo fa un danno al Paese. Concetto nuovo mai sentito prima nel dibattito politico mondiale a testimonianza del Nuovo Pensiero che avanza. Grandi auguri a Di Maio ma non dimentichiamo che la sua inesistente politica estera ha portato Erdogan e Putin alle porte di casa nostra e precisamente nella Libia di Haftar.

 

Non vogliamo mancare di rispetto a nessuno ma lo statuto approvato, i suoi organi tra i quali ci sembra manchi un consiglio nazionale eletto dai territori dopo elezioni regionali come richiede la più elementare pratica democratica, ci confermano la natura del Movimento figlio di una bolla mediatica alimentata anche da qualche organo di stampa. Addirittura alcuni media fanno impallidire i vecchi giornali di partito per la loro sguaiata tifoseria nel sostenere questo o quel dirigente e assumendo di fatto la guida politica dello stesso Movimento nel quale pure esistono personalità di un certo livello annegate, però, nel mare del pressappochismo autoritario di quello che rappresenta una comica anomalia del nostro sistema politico.

Nell’interesse del Paese speriamo di essere smentiti dai fatti ma confessiamo un nostro pregiudizio lombrosiano confermato peraltro per quel che abbiamo ricordato, dal Parlamento europeo in cui il Movimento di Conte da anni è isolato. La solitudine non nasce dalla diffidenza degli altri gruppi politici che hanno dietro di sé una storia culturale ma dalla inesistenza di una politica comprensibile e di una identità chiara e certa. Ma confidiamo in una antica convinzione secondo la quale la politica si vendica di chi la offende.
 

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