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Giustizia, il sì in tre giorni. Marta Cartabia avvisa la maggioranza: "Adesso mi aspetto lealtà"

Tommaso Carta
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Incassato il primo voto compatto della maggioranza in commissione Giustizia della Camera, la riforma penale si appresta ad affrontare la prova dei numeri in Aula. Oggi, dalle 14, le nuove norme che mirano a velocizzare i tempi dei processi saranno all’esame dell’Assemblea di Montecitorio. Il testo licenziato venerdì dalla commissione arriva in Aula «blindato»: nessuna nuova modifica, va approvato in prima lettura in tempi rapidi, prima della pausa estiva. Anche perchè, riaprire il dossier significherebbe rischiare di terremotare l’intesa politica faticosamente raggiunta tra il governo e le forze politiche. Accordo che ha lasciato strascichi, soprattutto nei 5 stelle, dove non tutti hanno digerito il sì «sofferto» del Movimento alle modifiche volute dalla Guardasigilli Cartabia. Scontato, quindi, il voto di fiducia. La tabella di marcia è serrata: oggi dalle 14 si voterà la questione pregiudiziale di costituzionalità presentata da L’Alternativa c’è, che già in commissione ha dato battaglia contro la riforma. Quindi, inizierà la discussione generale e già in serata, almeno questa è l’intenzione, il governo dovrebbe porre la fiducia. Sarà la Conferenza dei capigruppo a stabilire il timing del voto, ma si punta a chiudere entro martedì. Tra il tardo pomeriggio e la sera di domani dovrebbe svolgersi il voto sulla fiducia (salvo che la maggioranza non chieda e ottenga la deroga alle prescritte 24 ore di tempo che devono trascorrere tra l’apposizione della fiducia e il voto stesso), quindi martedì l’esame degli ordini del giorno e il voto finale sul provvedimento, che poi dovrà passare all’esame del Senato (ma se ne riparla a settembre).

 

 

Quanto ai numeri, nella maggioranza non si temono defezioni tali da poter mettere a rischio il via libera alla riforma. Tuttavia i riflettori restano puntati sui pentastellati, tra le cui fila potrebbero registrarsi alcune assenze in dissenso. «Adesso tutti rispettino il patto di lealtà», chiede la ministra Cartabia. La riforma del processo penale «si muove nella direzione di attuare principi costituzionali come la ragionevole durata del processo. L’eccessiva durata dei processi è un problema del nostro Paese che dobbiamo risolvere. Lo esige la Costituzione e lo esigono principi europei», spiega la Guardasigilli in un’intervista. «Ma soprattutto lo dobbiamo ai nostri cittadini, che patiscono i danni di una Giustizia lenta. L’obiettivo di questa riforma è arrivare a sentenze definitive in tempi rapidi. Dopo un reato, è fondamentale garantire l’accertamento pieno dei fatti e delle responsabilità. E questo deve avvenire nei tempi giusti. C’è poi anche una ragione contingente: questa riforma è un impegno preso con l’Europa come condizione per ricevere i finanziamenti del Recovery fund», aggiunge.

 

 

Nella maggioranza continuano i diversi «posizionamenti» dei partiti, ciascuno dei quali rivendica l’accordo sulla riforma come una propria vittoria. Forza Italia esulta: «Abbiamo archiviato la riforma Bonafede che aveva trasformato la Giustizia italiana nella Santa Inquisizione. E sconfitto i Cinquestelle che ogni volta su questo tema alzavano il prezzo», dice il coordinatore azzurro Antonio Tajani. Ammette il «travaglio» del Movimento e le tensioni nella maggioranza la ministra delle Politiche giovanili, Fabiana Dadone: «È sotto gli occhi di tutti che questa riforma della Giustizia ha aperto un confronto aspro tra i partiti che sostengono l’esecutivo. Le crisi non nascono se si vuole fare politica, nascono se si vuole creare volontariamente una frattura». E aggiunge: «Ci soddisfa il risultato raggiunto contando che eravamo soli contro tutti. Conte ha fatto sia l’avvocato che il leader e avevamo bisogno di entrambi questi ruoli. È palese che senza la nostra presenza in Consiglio dei ministri ci sarebbe un’altra legge e non è capitato».

 

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