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La riforma del Fisco è un salasso sui proprietari di casa. Tutto per trovare appena 2,5 miliardi

Carlo Solimene
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La tanto declamata riforma delle tasse affidata al governo Draghi rischia di trasformarsi, per il contribuente, in una semplice partita di giro. Dove a uno scarno abbattimento della pressione fiscale farà da contraltare il possibile salasso dovuto all’attesa (e temutissima) revisione degli estimi catastali. È scritto nero su bianco nell’«Atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per gli anni 2021-2023» compilato dal ministro dell’Economia Daniele Franco. Un documento, chiuso lo scorso 15 luglio, che assume un’importanza particolare proprio per il fatto di essere il primo concreto manifesto di politica economica del governo Draghi. La riforma fiscale, si diceva. Il documento la introduce subito ma ne disegna contorni ancora vaghi: sarà finalizzata - si legge - «a semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività». Niente flat tax, dunque, e si sapeva. Ma, sulla carta, la riduzione del peso dell’erario.

 

 

Peccato che le risorse a disposizione siano pochissime. Il documento cita, come copertura, il «fondo per l’attuazione della riforma fiscale» istituito con l’ultima legge di Bilancio. Nel fondo in questione sono stati stanziati 8 miliardi per il 2022 e 7 per gli anni successivi. Peccato che, di questi, 5,5 siano destinati ad andare, in ogni esercizio, al finanziamento dell’assegno unico familiare. Per il taglio delle tasse, insomma, restano 2,5 miliardi il primo anno e 1,5 dal 2023 in poi. Pochi spiccioli, decisamente insufficienti per produrre uno «choc fiscale» percepibile per il contribuente. Anche per questo il governo mira a recuperare altre somme dalla solita e proverbiale lotta all’evasione fiscale. Con una particolare attenzione alla «compliance», e cioè alla correzione spontanea da parte dei contribuenti di errori od omissioni delle proprie dichiarazioni. I soldi recuperati con questo canale confluiranno nel «fondo fedeltà fiscale» e «l’eventuale incremento» di tale fondo potrebbe essere restituito ai cittadini «in tutto o in parte (...) sotto forma di riduzione del prelievo». Una posta, insomma, per il momento piuttosto aleatoria.

 

 

Ciò che appare certo, e che per il contribuente non rappresenta una buona notizia, è la revisione degli estimi catastali. Lo chiede da anni la Commissione europea all’Italia nelle sue raccomandazioni economiche e stavolta il governo è intenzionato a passare dalle promesse ai fatti, anche per non mettere a rischio i fondi del Pnrr. A pagina 9 del documento di Franco si parla di «aggiornamento degli archivi catastali, anche nell’ottica di una più equa imposizione fiscale». E ancora, «proseguiranno tutte le azioni necessarie ad assicurare il costante aggiornamento dell’Anagrafe Immobiliare Integrata: il sistema informativo che a ogni immobile presente sul territorio nazionale associa la posizione geografica, la rappresentazione e le caratteristiche geometriche e censuarie». A tal fine, in un’altra parte del documento viene sottolineata la necessità di andare alla ricerca degli immobili non censiti nel Catasto. Qualsiasi aspetto riguardante la casa, insomma, va passato ai raggi X. E questo, all’atto pratico, significa che qualcuno dovrà pagare di più.

 

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