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Concorsopoli nel Lazio, il magna magna dei partiti non si ferma. State buoni se potete o vi aspettano i forconi

Francesco Storace
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Ma proprio non ce la fate a stare fermi? Con l’economia ancora al palo, i posti di lavoro che stanno lì per scoppiare con i licenziamenti, e c’è ancora una politica che allunga le mani con assunzioni degli amici degli amici, i parenti dei politici.

State buoni se potete. Mettete insieme le storie che vi raccontiamo, a partire dai concorsi fabbricati addirittura in quelle comunità montane che restano in piedi nella regione Lazio. Dove avevano promesso di eliminarle. E poi assunzioni da un comune all’altro persino di sindaci del proprio partito. E ancora stipendi garantiti nelle parentopoli uno, due, tre e mille. Non se ne può più di leggere di una politica maldestra.

Esponenti locali e non certo di alto livello che continuano a fare peggio di sempre. Perché la strada è tracciata, bisogna garantirsi un futuro con voti clientelari.

È uno schiaffo alla miseria, alla disperazione di chi il lavoro non ce l’ha. Pensavamo si fosse toccato un limite invalicabile con la concorsopoli della regione di Nicola Zingaretti via Allumiere, con il presidente del consiglio regionale Mauro Buschini precipitato dalla poltrona con le rovinose dimissioni. Niente, insistono a far male e in fondo a farsi male da soli.

Poi ci si mette anche il Campidoglio con quello strano concorso per dirigenti di cui dovrà occuparsi pure l’Autorità anticorruzione. Ormai lo scandalo tracima, pare di essere tornati al tempo dell’impunità rivendicata. Il bene comune è sottoterra, la raccomandazione torna ad essere il vessillo della prevaricazione. Chi è parente di nessuno non si metta neppure in fila.

Quello che più sconcerta è proprio la faccia tosta di certa politica locale. Eppure proprio gli amministratori territoriali sono quelli che vivono a più stretto contatto con i cittadini. Ma se non esitano a sistemare parenti e amici o colleghi di partito in un momento così difficile per gli italiani, vuol dire che hanno perso la testa, stanno fuori dal mondo.

Con quegli stipendi, se fossero dati a chi li merita e non a chi ha le conoscenze giuste, varrebbe persino la pena del sacrificio di studiare per un concorso. Se invece la spintarella continua ad essere il requisito essenziale, non ci si meravigli dei forconi che presto o tardi diventeranno uno strumento di lotta politica e di lotta a quei politici che ne approfittano.

Purtroppo, ancora non si riesce a venire fuori dalla vergogna della clientela. L’etica sembra una parolaccia, il favore al posto del diritto. La cosa più triste è proprio il fatto che tutto avvenga nel Lazio, in quella che è la regione di Zingaretti. Non esattamente un modello di gestione corretta delle politiche per il lavoro nella pubblica amministrazione: parentopoli e concorsopoli sono due sorelle che si sono contagiate a vicenda la malattia. 

Riemerge prepotente il costo degli apparati, assieme alla cultura del privilegio e alla caccia al bottino rappresentato da ciò che è mantenuto dalle tasse dei cittadini. Ci si deve dare una regolata, ora e per sempre, perché con questi metodi ci si merita solo una retata della magistratura.  

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