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Parla Claudio Scajola: «No a un partito contro il Cavaliere. Sbaglia Brugnaro a costruire un progetto attaccando Berlusconi»

Pietro De Leo
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«Credo che in Italia vi sia la necessità di ricostruire una forza moderata, europeista, atlantista, che tenga insieme i valori del cristianesimo, del liberalismo e del riformismo. Era, questo, un ruolo che Forza Italia ha esercitato tra la fine del secolo scorso e gli inizi del 2000. Poi una serie di fattori hanno impresso un cambiamento. Non in positivo». Il Tempo ragiona con Claudio Scajola, una figura che ha segnato la fase ruggente di Forza Italia, di cui fu il coordinatore nazionale che ne realizzò la strutturazione sul territorio. Più volte ministro, oggi è sindaco indipendente di Imperia.

 

 

Quali sono stati questi fattori?
«La criminalizzazione di Berlusconi. E, com'è noto, a forza di diffamare qualcosa resta sempre. L'autoreferenzialità di certi dirigenti derivante dalla mancanza del dibattito interno. L'assenza di occasioni di confronto, di verifica, di scelta attraverso i congressi delle figure che dovessero rappresentare su tutto il territorio i principi e gli obiettivi di Forza Italia».

Risultato?
«Sono venute meno, man mano, molte persone di valore che Berlusconi aveva messo insieme e che avevano portato per tanti anni all'affermazione di Forza Italia. Tutto ciò ha comportato un inesauribile crollo del consenso presso l'elettorato. A questo non si è posto rimedio, ma si è gestito l'esistente preoccupandosi più della conservazione del posto che dell'indicazione di una prospettiva».

E dunque, oggi, si arriva alla nascita di questo nuovo contenitore di centro, fondato da Luigi Brugnaro e Giovanni Toti.
«Si, e vedo in questa operazione un fatto positivo e un punto critico».

Partiamo dal punto critico.
«Sarebbe opportuno che un soggetto nasca da un'ispirazione di valori e programmi, non da alcuni parlamentari che hanno la preoccupazione di non essere rieletti al prossimo giro e dunque cercano casa. Se mi permette, non è neanche giusto farlo, peraltro, in un momento nel quale Berlusconi sta affrontando delle difficoltà sul piano della salute».

Il fatto positivo?
«Credo che Brugnaro e Toti abbiano la buona intenzione di intercettare un consenso che potrebbe nascere».

 

 

Riassumendo, secondo lei, giusto il merito ma sbagliato il metodo.
«Esattamente. Un'operazione del genere non può avvenire contro Berlusconi. Dobbiamo tenere a mente che ha segnato una pagina importante nella storia d'Italia. Se noi andiamo a rivedere gli ultimi 30 anni della storia di questo Paese sono emerse due figure, Berlusconi e Prodi. Che si sono contrastate, ma che hanno detto qualcosa agli elettori. Dopo di loro, c'è stata una involuzione della politica che ha portato a tatticismi, non a prospettive».

Però nel quadro che lei dipinge, Forza Italia non funziona, ma è inopportuno andarsene da Forza Italia in questo momento. Una situazione lose-lose, come si fa si sbaglia. Un modo per uscirne?
«È necessario che proprio Berlusconi indichi una nuova prospettiva. Da uomo che ha dato tanto al Paese, saggio, avanti negli anni, dovrebbe fare un appello e dire: "ora si apra una fase nuova, inizi un'altra storia". Riabilitando competenza e professionalità, chiamando a raccolta le energie migliori. Io non sento Berlusconi dal mese scorso, ma se lo conosco bene ritengo che anche lui, in cuor suo, abbia in mente un'operazione del genere. Tutto ciò è oggettivamente motivato: il consenso che ha Draghi, con i valori e la figura di moderazione che rappresenta, dimostra che la strada da percorrere è questa».

Nel frattempo, però, Antonio Tajani che di Forza Italia è vicepresidente e coordinatore, ha annunciato un'imminente stagione congressuale.
«Questo è un messaggio per pochi. Qui serve un percorso completamente diverso, che coinvolga moderati e riformisti».

Comprendendo, magari, figure come Calenda, Renzi e gli esponenti di +Europa?
«Da quel che vedo, negli ultimi anni la politica si delinea attraverso antipatie e simpatie, sgarbi ricevuti. I veti non devono essere contro nessuno».

Questo appello cui lei fa riferimento, assieme alla necessità di mettere assieme una grande area moderata, apre ad una logica proporzionalista del quadro?
«Non è l'iniziativa politica che dovrebbe andare dietro alla legge elettorale, ma viceversa. Intanto si ricrei un progetto, una direzione, poi il sistema di voto viene dopo. Di certo, le leggi elettorali degli ultimi anni hanno fatto si che le oligarchie dei partiti scegliessero direttamente i candidati, e questo ha dequalificato il Parlamento».

 

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