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Speranza è sempre più isolato, ora rischia il posto

Francesco Storace
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Se c’è un’altra cosa che Roberto Speranza proprio non può permettersi è prendere in giro gli italiani. Dal ministro della salute ci aspettiamo certezze e non più calcoli probabilistici. E francamente poco interessa se a lui piaccia o meno la possibilità di tornare a mangiare di sera nei ristoranti all’aperto. In discussione non sono i suoi gusti ma le decisioni che fa prendere al governo.

Ieri sera a Porta a Porta, Speranza ha giocherellato con le parole, in straordinaria coincidenza con la giornata in cui ha cominciato a tremare per la sua poltrona sprecata. Le voci hanno impegnato tutte le fonti sulla possibile sostituzione del ministro, difeso solo da Leu, il suo partito piccolo piccolo. Mario Draghi ha lasciato correre le indiscrezioni su un possibile trasferimento di Speranza ad altro incarico, e magari la rituale smentita avverrà oggi in consiglio dei ministri. Ma il destino di un arrogante sembra ormai segnato anche per il premier.

 

 

 

E questo succede perché l’alfiere del rigorismo ha stancato il popolo. Che comincia a rumoreggiare in maniera imbarazzante non appena ne sente il nome. 115mila morti pesano. E nessuna misura restrittiva ci ha consentito di sperare per il meglio. Anche per questo ministro della salute è caduto il governo di Giuseppe Conte, e incredibilmente è rimasto in piedi pure con Draghi. Effetto vinavil.

Ma ora il premier in carica si sta accorgendo dell’esasperazione popolare. Troppi errori. I respiratori non a norma gli ultimi della serie. E le mascherine farlocche dalla Cina appena poco prima. Ma soprattutto il caos nei vaccini. Speranza è stato il ministro che ha premuto più di tutti su Conte per l’accordo europeo che ci ha visti arrivare nudi alla meta. Un giorno diceva che AstraZeneca andava bene per i cittadini con meno di 55 anni, il giorno dopo voleva riservarlo agli ultrasessantenni. Una mattina si alzava giurando sulla qualità del vaccino, il pomeriggio lo faceva sospendere su ordine della Germania. Andava appresso alle Primule di Domenico Arcuri ma la campagna vaccinale restava al palo.

 

 

 

Poi, i rischi giudiziari. In molti si chiedono dove punterà l’inchiesta di Bergamo. L’altra sera, a Report, la pm Maria Cristina Rota non è stata affatto tenera, e ha parlato di un ministero della Salute reticente nel dare informazioni. Il piano pandemico del 2006 mai aggiornato, il rapporto dell’Oms pubblicato e subito rimosso con le critiche durissime alla gestione italiana della lotta al Covid. Le indagini su Ranieri Guerra e le chat compromettenti con Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di Sanità e con Goffredo Zaccardi, capo di gabinetto di Speranza: ma quanto può e deve durare tutto questo? Ora se lo chiede anche Draghi. Troppi intrighi danneggiano pesantemente l’immagine dell’Italia nel mondo.

Speranza auspica di rimettersi in carreggiata illudendoci sulle riaperture e i nuovi colori delle regioni italiane. Ma la sensazione è che il suo destino sia ormai segnato. Gli troveranno altro da fare, anche se non si capisce perché, visto che fare il deputato semplice non significa essere disoccupato. Non dategli un libro da scrivere che poi lo deve ritirare, come ha notato giustamente ieri Matteo Salvini, che ha sibilato poche, ma fortissime parole: «Il libro del ministro Speranza doveva uscire il 22 ottobre. Il 26 ottobre il Governo di cui faceva parte ha chiuso tutto. Però il ministro, quattro giorni prima di chiudere tutto, era pronto ad andare in libreria spiegandoci che stavamo guarendo. Non so se altri ministri della Salute europei abbiano avuto lo stesso tempo libero, la stessa sfortuna di essere in libreria con l’inizio della seconda ondata, spiegandoci che la sinistra aveva un’occasione storica, grazie alla pandemia, per affermare alcuni suoi principi».

Ecco, di un ministro che scrive le cose che abbiamo letto è difficile davvero sentirne il bisogno. E pare che anche Draghi, che pure «lo stima» tanto, non lo regga più. Anche se si prenderà qualche giorno assicurando che il ministro resta al suo posto. Si accettano scommesse.

 

 

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