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Tra Feltri e Scalfari scoppia la guerra dell'uccello

Alberto Di Majo
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Più che una guerra di carta tra due giganti del giornalismo italiano sembra una disputa tra ornitologi. Anche se la vicenda richiama la fondazione della "Repubblica" e la competizione con il Corriere della Sera. Tra Eugenio Scalfari e Vittorio Feltri va in scena il duello del volatile. Al centro della questione la raccolta di fondi per dare vita al quotidiano romano. Era il 1976. Racconta il fondatore che bussò anche alla porta di Angelo Rizzoli, all'epoca proprietario del Corriere della Sera, per chiedere fondi. Nella casa di Milano dell'editore, Scalfari ebbe un incontro con un pappagallo che insultava il padrone, dandogli anche dello "stronzo".

Vittorio Feltri non ci sta, contesta la ricostruzione di Scalfari e ne denuncia l'ineleganza ("Rizzoli era persona gentile, generosa e colta. E non merita altro che stima e simpatia", scrive nel suo articolo pubblicato oggi su Libero, in cui critica anche il resoconto dell'Eugenio che ritrae Rizzoli come un faccendiere che si avventurò in una serie di imbrogli finanziari). Ma soprattutto corregge il fondatore di Repubblica, che peraltro trasse profitto editoriale, chiarisce, dai guai che colpirono l'editore del Corriere: "Devo precisare che Angelone non ha mai posseduto un pappagallo, semmai un merlo indiano che aveva acquistato da un farmacista in fin di vita" spiega Feltri. Quando il proprietario del Corriere finì in carcere fu Indro Montanelli ad occuparsene.

Pappagallo o merlo indiano, Scalfari e Feltri sono d'accordo su un cosa: la mancanza di bon ton del pennuto. "Il merlo indiano - racconta il fondatore di Libero - non si limitò a insultarmi , mi disse altresì di andare a fare in culo. Scoppiai in una fragorosa risata e un pensiero volò ad Angelone".

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