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Al premier applausi a gogò per scansare la paura del voto

Francesco Storace
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In quell’Aula applaudirebbero Mario Draghi anche se rivelasse di chi sono figli. Il personaggio attrae, anche se l’eloquio non è di quelli che ti aspetti da chi si cala nella parte del capo del governo. Ti porta ad anni lontani, quelli del sussurro più che dello slogan. Eppure, quei 630 ragazzi di Montecitorio applaudono la qualunque. Draghi può pronunciare anche ovvietà, ma le manine battono forte. Altrimenti da 630 rischiano di tornare in 400.

 

 

La seduta di ieri alla Camera, mentre parlava il presidente del Consiglio in replica ai deputati, sembrava surreale. Non per la fiducia, ovvia, scontata, dovuta ad un governo che nasce dall’appello fortissimo del Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Ma sembrava che ci fosse una regia a scatenare il consenso anche su frasi assolutamente normali. Scatenati sulla giustizia, con il resoconto stenografico d’aula che riferisce di «vivi applausi» alle parole del premier sulla giustizia: «Non c'è dubbio che bisognerà intraprendere azioni innovative per migliorare l'efficienza della giustizia civile e penale quale servizio pubblico fondamentale, che rispetti tutte le garanzie e i principi costituzionali che richiedono ad un tempo un processo giusto e un processo di durata ragionevole, in linea con la media degli altri Paesi europei». E che ha detto, Draghi, di così rivoluzionario se non quello che tutti i presidenti del Consiglio ripetono da decenni senza far nulla che poi consenta al loro successore di non doverlo ripetere più? 
Si comprende certamente l’ovazione finale, che è un classico nelle aule parlamentari, alla conclusione del discorso: «Bene, spero condividiate questo sguardo costantemente rivolto al futuro, che confido ispiri lo sforzo comune verso il superamento di questa emergenza sanitaria e della crisi economica e che, certamente, caratterizzerà, nelle mie ambizioni, l'azione di questo Governo». Tutti in piedi a pensare «c’ero anche io» da tramandare a figli e nipoti.

 

 

Ma quanta esagerazione ogni volta che Draghi ha fatto riferimento a un tema sì caldo, ma anch’esso senza soluzione da tempo immemorabile: nella replica al Senato, «a proposito dello sviluppo nel Mezzogiorno, ho detto, sì, sì certo, c'è il credito di imposta, ma la prima cosa è assicurare legalità e sicurezza; gli altri strumenti si possono usare, si devono usare, ma se manca quella base». Anche qui applausi entusiasti, ma senza spiegare perché. Anche perché sono stati appena modificati i decreti sicurezza, a proposito di legalità...

E perché bisogna impegnarsi su questo lo ha spiegato ancora il premier, accennando alla semplificazione burocratica: «Questi meccanismi impegnano pubblici funzionari, cittadini ed imprese in numerosi adempimenti che sottraggono tempo e rendono meno efficace l'azione amministrativa, finendo così per alimentare, più che prevenire, fenomeni di illegalità. Qui, la semplificazione avrebbe una funzione anticorruttiva». Hanno applaudito anche quelli che esaltano ogni giorno la necessità di sottoporre a controllo anche il terreno invaso dalle formiche provenienti da quello del vicino. Dice bene Draghi: «Proprio le farraginosità degli iter e la moltiplicazione dei passaggi burocratici spesso sono la causa inaccettabile di ritardi amministrativi ma anche il terreno fertile in cui si annidano e prosperano i fenomeni illeciti». Mani sperticate nel giubilo dell’aula da quelli che approvano leggi indicibili sul punto. Montecitorio sembrava una curva quando il discorso del presidente del Consiglio è andato sullo sport: «Il fatto che non abbia detto nulla non vuol dire che non è importante. È un mondo profondamente radicato nella nostra società e nell'immaginario collettivo ed è stato fortemente colpito dall'emergenza della pandemia. Questo Governo si impegna a preservare e a sostenere il sistema sportivo italiano, tenendo conto della sua peculiare struttura e dei molteplici aspetti che lo caratterizzano, non solo in relazione all'impatto economico, agli investimenti e ai posti di lavoro ma anche per il suo straordinario valore sociale, educativo, formativo, salutistico». Applausi e bandiere. Ma non è una cosa che dovrebbe essere normale quella detta da Draghi? Occhio, presidente, ai troppi volponi che dicono di sì pensando esattamente il contrario. Non si faccia incantare dall’applausometro.

 

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