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Nello Musumeci: "Il governo Draghi nato per portare al voto"

Gaetano Mineo
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Governatore della Sicilia, Nello Musumeci, finora i partiti hanno accolto l'appello del presidente Mattarella per la formazione di un nuovo governo?
«Inizierei a dire che la cosiddetta operazione Draghi costituisce il fallimento della formula politica del centrosinistra in Italia. È la conferma dell'incapacità di forze politiche cosiddette popolari, ovvero il Movimento Cinquestelle e il Partito Democratico, di stare assieme e di determinare una guida stabile e sicura per la nazione. Se non si parte da questo presupposto, riesce difficile poter comprendere il tentativo estremo del capo dello Stato di invocare un governo di emergenza nazionale. Di conseguenza, se Draghi dovesse riuscire nell’impresa - e credo che oramai ci sia una grandissima maggioranza a suo sostegno – non si potrà parlare di governo politico, nel rispetto della geografia dei partiti. Sarà un governo di emergenza che obbedisce alle particolari condizioni di straordinarietà. E da quello che registriamo, fatta eccezione per Fratelli d'Italia - posizione che merita ugualmente assoluto rispetto - tutte le altre forze politiche hanno dato ampia disponibilità al presidente incaricato Draghi».
Vuole dire che il governo Conte 2 è caduto per incapacità di Pd-M5s e non per l'uscita di Italia Viva?
«È caduto perché quella coalizione di centrosinistra che aveva assunto l'impegno con gli italiani di affrontare una fase difficile per il Paese - e non soltanto legata all'emergenza sanitaria, ma anche a quella economica - s'è rivelata incapace. Se poi la mossa di Matteo Renzi è valsa a far saltare il gioco vuol dire che l'apparato era di per sé fragile, litigioso e quindi vulnerabile».

 


 

Dato che non parliamo di governo politico, come spiega la voce fuori dal coro di Giorgia Meloni?
«Credo proprio che la Meloni volesse stare fuori dal coro. In altre parole, la leader di Fdl neanche in condizioni di emergenza ritiene di poter stare al governo con la sinistra, essendo la sua una forza politica identitaria e di destra. Bisogna avere rispetto per questa scelta. Peraltro, non ha dichiarato nessuna guerra ma ha dato la disponibilità a sostenere iniziative che dovessero rivelarsi utili per il Paese». 
Draghi non ha ancora fatto una mossa, eppure ha già scompaginato l'intero scenario politico: da destra a sinistra.
«La condizione politica in Italia e complessivamente il sistema dei partiti, finita la esperienza Draghi, dovrà fare una seria riflessione sulla propria capacità di continuare a rappresentare gli interessi degli italiani. Abbiamo la conferma di come il governo Conte non abbia mai avuto una solida stabilità. È bastato il "capriccio" di Renzi su due-tre temi per poter far saltare in aria tutto».
Quanto potrebbe durare il governo Draghi?
«Un governo di emergenza è destinato a durare poco. Nasce per lavorare su obiettivi essenziali e poi deve cedere la parola agli elettori. Quindi, è normale che si possa andare alle urne dopo che questo governo avrà guidato la Nazione fuori dal tunnel, come peraltro richiesto dal Capo dello Stato. Di certo, oggi guardiamo con ottimismo e speranza alla nascita di questa nuova e inedita formula di governo».

 


 

Pensa che il Recovery fund possa dare una positiva svolta all'annosa questione Meridionale?
«Spero che il professor Draghi possa essere la persona giusta per affrontare il dualismo nord-sud e l’insoluto eterno tema della Questione Meridionale. Draghi sa che il “sistema Italia“ in Europa e nel mondo può avere credibilità solo se si supera la disuguaglianza economica e sociale che oggi più che mai divide profondamente il Paese. Il Sud ha bisogno innanzitutto di infrastrutture, non solo materiali, sociali, culturali, certamente strategiche. E il Recovery fund è un'occasione quasi unica». 
La stupisce questa «fulminea» svolta europeista di Matteo Salvini?
«Non mi pare di aver colto in Salvini un atteggiamento di incoerenza. Anche chi crede al sovranismo può non mettere in dubbio la funzione dell'Unione Europea. L'Europa c'è, è una realtà. La differenza sta nel ruolo e nel modello di Europa a cui si crede. Salvini contesta questa Ue e si prefigge di cambiarla. Mi pare più che legittimo. Certo, è cresciuta la attenzione della Lega su questo tema e io, che sovranista non sono, saluto con piacere questo accresciuto interesse nei confronti dell'Europa».
È fantapolitica Draghi prossimo presidente della Repubblica?
«Sul piano delle competenza e delle qualità certamente no. Parliamo di un uomo di indubbio spessore, di notorietà internazionale. Poi quanto questa valenza della personalità possa essere compatibile con la volontà dei partiti ancora mi pare prematuro. Di certo non sarebbe la prima volta che un governatore della Banca d'Italia vada al Quirinale». 
Il centrodestra s'è spaccato su Draghi. E domani?
«Mi auguro che la scomposizione del centrodestra di oggi possa non comprometterne la ricomposizione domani. È capitato che la coalizione si dividesse per poi tornare a parlare un linguaggio unitario. Mi sarei augurato che tutte e tre le forze del centrodestra avessero operato la stessa scelta. Ma siccome la coalizione vince soltanto se è unita, sono certo che,superata la fase di emergenza, si tornerà a dar vita ad un centrodestra unito e capace di saper offrire un'alternativa alla guida dell'Italia».

 

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