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La partita di governo si gioca sui "responsabili"

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Pietro De Leo
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Nella fibrillazione politica dell’Esecutivo Conte 2 oramai una dinamica sembra segnata. Al momento, è la serata di ieri, lo scenario di una ricomposizione tra i due contendenti, ossia il Presidente del Consiglio e il leader di Italia Viva non sembra possibile. Niente sintesi, nonostante la posizione del Pd che fino alle ore tarde è ventre a terra per una mediazione.

Tuttavia la giornata ha visto una corsa verso il baratro, con voci filtrate da Palazzo Chigi che davano il "niet" a un’ipotesi di nuovo accordo con Italia Viva nel caso in cui questo governo dovesse cadere. Dunque, viene abbandonato lo scenario che avrebbe potuto segnare un pareggio tra i duellanti: reincarico a Conte tenendo la stessa maggioranza, nuovo patto di programma e corposo rimpasto. A questa linea si affianca quella del Movimento 5 Stelle, con il capo politico Vito Crimi che, in un colloquio con l’Ansa, afferma: «Se Renzi si rende colpevole del ritiro dei suoi ministri, con lui e Italia Viva non potrà esserci un altro governo. Esiste un limite a tutto. Se ora, nelle condizioni in cui siamo, qualcuno si chiama fuori e saluta la compagnia, per noi è fuori e resta fuori definitivamente». Gli strali più duri verso i renziani arrivano però dall’ala della minoranza interna del Movimento, che fa capo a Di Battista, il quale attacca a testa bassa, definendo il partito dell’ex premier «un mediocre manipolo di politicanti assetati di potere e poltrone». Mentre l’ex ministro Barbara Lezzi, anche lei nel novero dei sodali di Di Battista, sempre sullo stesso tema afferma: «Conosciamo bene i personaggi e la loro squallida avidità». Dall’altro lato, Renzi incara: «Conte è convinto di avere i numeri. Se è così, saremo all’opposizione»”.

In generale, la presa di posizione di Palazzo Chigi e Movimento 5 Stelle, per quanto da ambienti renziani venga derubricata come un bluff, dimostra che, probabilmente, l’operazione responsabili è partita e forse è già un pezzo avanti. Se il timing dovesse rispettare le previsioni, ossia dimissioni dei due ministri renziani Bellanova e Bonetti entro oggi (stasera alle 22 è programmata un’assemblea dei gruppi parlamentari di Italia Viva), da lì si aprirebbe la girandola dei calcoli e l’istinto di sopravvivenza di un Parlamento che sarebbe l’ultimo con l’attuale composizione numerica. E resistere fino a luglio, quando scatterà il semestre bianco.

Dunque occhi puntati con il pallottoliere del Senato. Da 165, esclusi i 18 renziani, si passerebbe a 147, con l’obiettivo di risalire minimo a 158. Il tentativo di moral suasion politica potrebbe essere fatto in 5 ex cinque stelle che non si sono posti, finora, in posizione schiacciata sul governo (a differenza di altri 9 componenti del gruppo Misto, invece proiettati da subito in area maggioranza). Tra di loro, per esempio si è dimostrato possibilista sul nuovo progetto Gregorio De Falco. Si attendono Ciampolillo, Nugnes, Fattori, Martelli. E di lì, ne servirebbero altri 7. Escluso formalmente e fortemente alcun appoggio delle forze moderate di opposizione, ossia Forza Italia, Cambiamo! di Toti e l’Udc.

Le linee dei partiti sono chiare: nessun sostegno numerico al centrosinistra. Fermo restando che però l’eventualità di uno strappo del singolo per iniziativa personale, in una politica così liquida, non è mai fantascientifica. Alla Camera, invece, i renziani sono 30 e, nel caso di addio, servirebbero 14 deputati per arrivare alla maggioranza di 316. Anche in quel caso, dunque, la necessità di trovare un puntello diventerebbe vitale. D’altronde, Goffredo Bettini, in predicato per il ruolo di sottosegretario alla Presidenza, ieri a Stasera Italia ha affermato: «Ci sono delle forze che vogliono contribuire nel segno di un rapporto con l'Europa e penso che al momento opportuno queste forze possano palesarsi». Una partita, questa, che non può non guardare anche a Italia Viva. Uno dei tanti interrogativi che circolano, infatti, è quanto Renzi in caso di show down riuscirà a tenere i suoi, specie di fronte alla possibilità di una corsa al voto che sarebbe particolarmente ardua per il partito dell’ex premier. L’ipotesi urne, per quanto risulti assai minoritaria nel calcolo delle probabilità, non è escludibile del tutto, specie di fronte ad uno scenario di crisi senza numeri chiari in partenza. 

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