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Covid, la vera emergenza è il commissario Domenico Arcuri che rincorre il virus

Andrea Amata
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Ormai siamo in una condizione kafkiana in cui la principale emergenza non è dettata dal Covid, ma da chi ha ricevuto il mandato di attutirne l'impatto devastante fallendo nell'incarico. Tant'è che la struttura commissariale rincorre l'emergenza sanitaria, anziché anticiparsi il lavoro con una programmazione di interventi che sono prevedibili in un quadro pandemico. Essere impreparati al piano vaccinale, sia con la carenza del personale sanitario preposto alla somministrazione delle dosi sia con l'inadempiente dotazione di una logistica operativa, conferma l'inadeguatezza dell'ineffabile Domenico Arcuri. Siamo in presenza di una struttura che, piuttosto di onorare la sua missione orientata a placare l'urgenza scatenata dal virus, sta fomentando l'emergenza e, così, risultando parte del problema anziché della soluzione. Non abbiamo ancora gli operatori sanitari idonei a soddisfare il fabbisogno del personale addetto alla massiccia campagna di vaccinazioni. Mancano i centri dove eseguire materialmente l'inoculazione dell'antidoto, i cosiddetti hub di vaccinazione, ma possiamo consolarci soltanto con l'idea architettonica, a sagoma floreale, partorita da Stefano Boeri.

Ci siamo vincolati al piano europeo per la distribuzione, proporzionale alla popolazione di ciascun paese, del vaccino senza esplorare canali di approvvigionamento alternativi, limitandoci nella disponibilità del siero anti-Covid. Ci siamo lasciati sedurre dalla strategia comune sui vaccini presentata dalla Commissione europea lo scorso 17 giugno. L'unità e la solidarietà erano il mantra della burocrazia europea e negli accordi sottoscritti si sanciva «l'obbligo di non fare trattative separate».

Tuttavia, in queste ore abbiamo appreso che la Germania se ne è infischiata delle quote prestabilite, stipulando accordi bilaterali con i produttori del vaccino, aumentando le scorte e, così, anteponendo gli interessi del suo popolo alle vaghezze retoriche di stanza a Bruxelles. Il presidente della Commissione europea, la teutonica Ursula von der Leyen, protesterà contro la Merkel per aver autorizzato una palese violazione dell'accordo sottoscritto sulla strategia comune dei vaccini? Il silenzio equivarrebbe ad approvarne l'operato e d'altronde una nazione sovrana ha il diritto di agire, seppure con scaltrezza, per tutelare prioritariamente il suo popolo. È l'impotenza passiva del governo italiano a sollevare fondati dubbi sulla qualità di una classe politica e parapolitica che non sta dando alcun segnale di virtù operativa. Siamo in balia degli accadimenti senza un piano complessivo, sia in ambito di vaccinazione che economico, che conferisca ai cittadini una bussola per orientarli verso una prospettiva di certezza. Invece, chi dovrebbe guidarci si esibisce in continui testacoda e balbettii che rallentano la direzione di marcia, condannando il paese al perenne stato della rincorsa. In questo momento storico non possiamo permetterci il fiatone, ma agli italiani andrebbe concesso un sospiro di sollievo che le dimissioni di Conte e Arcuri potrebbero provocare senza nuocere al fiato.

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