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Governo, Matteo Salvini detta la linea al centrodestra e lavora al dopo-Conte

Francesco Storace
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Hanno parlato più di Giuseppe Conte che di Benito Mussolini, ma era inevitabile. Se alla presentazione del nuovo libro di Bruno Vespa metti assieme Matteo Salvini e Giorgia Meloni, con Silvio Berlusconi in collegamento e il vicedirettore del Corriere della sera Antonio Polito a stuzzicare con le sue domande, è difficile parlare di storia. E poi, chissà chi poteva rispondere alla domanda perché l’Italia amò Mussolini.

Certo, tra qualche tempo a nessuno potrà venire mai in mente di stabilire un legame sentimentale tra popolo e premier di adesso. Cadrà nel dimenticatoio, Giuseppe Conte, e nessuno dei tre leader del centrodestra ha alcuna voglia di aiutarlo a restare a Palazzo Chigi.

Il problema è già il dopo Conte e una ricetta che fino a poco tempo fa sembrava assolutamente esclusa – un governo alternativo se non si vota – comincia a vedere anche un allineamento di Giorgia Meloni alla tesi di Salvini, pur con qualche se e qualche ma.

Il capo della Lega ha chiarito per l’ennesima volta che lui non ci pensa affatto ad un’ammucchiata indistinta: “Come faccio a governare con chi pensa a smontare i decreti sicurezza?”. Il che, assieme alla richiesta di ristori immediati e finalmente evidenti per chi dovesse restare chiuso per un nuovo lockdown deciso dal governo, la dice lunga sulle distanze dal governo pure in tema di contrasto alla pandemia.

Giorgia Meloni non esclude più la ricerca di una ipotesi di governo se la strada del voto dovesse risultare sbarrata. “Ma non con i partiti che sostengono il governo Conte”. Il che sembra un lasciapassare alla ricerca di responsabili che non abbiano alcuna voglia di tornare a casa con elezioni anticipate. E il sigillo finale è di Berlusconi: “Comunque decida il Colle”.

Dunque tra le cose che non dovrebbero mai succedere – il condizionale è sempre obbligatorio con questa politica – non dovrebbe figurare alcun appoggio al governo delle sinistre.

Se Conte viene davvero buttato giù, il centrodestra dice di puntare al voto. Ma siccome succede sempre che la prima opzione è di bandiera, si prepara il terreno per sostituire sia Conte che la sua maggioranza.

Anche se la Meloni è scettica, perché dice di non credere ad una maggioranza alternativa che possa contare su uno o due parlamentari in più dell’opposizione. Ma la sensazione ce c’è nei palazzi è che se comincia lo smottamento di deputati e senatori, saranno molti di più. Comunque, Fdi non intende ostacolare la scommessa di Salvini – pare – anche se la leader non rinuncia alla stoccata: “Non ho mai dato la fiducia a Conte”. Un po’ d’accordo, un po’ no, il centrodestra è fatto così, anche se poi è capace di ritrovarsi unito. E del resto, se ce ne fosse l’occasione, come si potrebbe dire di no ad una maggioranza parlamentare imperniata sul centrodestra?

C’è anche un spazio su Roma, quando la discussione approda alle elezioni comunali. La Meloni ribadisce il suo no alla propria candidatura, fra qualche anno vedrà.  Troveranno comunque l’alfiere per il Campidoglio “entro l’anno”. Sperando che non accada “entro settembre”, “entro ottobre”, “entro novembre”… secondo un copione già visto.

Però l’importante è stare ancora uniti. Anche in presenza, quando capita, di divergenza che possono poi essere appianate. E questo, di fronte alla sfascio della coalizione di governo, resta una importante dimostrazione di forza che parla direttamente al popolo italiano. Che ha sempre più bisogno di una rappresentanza autentica e alternativa ad un esecutivo che non sa più che pesci prendere. E in fondo il “vaccino” del centrodestra non può che essere la sua compattezza di fronte al corpo elettorale.

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