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Governo, c'è il piano per arrivare in Quirinale. Dopo Sergio Mattarella spunta l'ipotesi Paolo Gentiloni

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Sospetti, indecisioni, travagli interni ai partiti e insoddisfazioni. La maggioranza di governo non trova pace e quel matrimonio di convenienza - nato dalle ceneri del post Papeete - rischia di trasformarsi in un labirinto senza via d'uscita. Se il Partito democratico rimprovera al premier i numerosi rinvii su dossier caldissimi - come Autostrade, Alitalia, lo stesso decreto legge Semplificazioni - e non vede di buon occhio (per usare un eufemismo) la veste di uomo solo al comando che il presidente del Consiglio sta indossando negli ultimi tempi, il Movimento 5Stelle rimprovera al Nicola Zingaretti la sua debolezza, tanto da non considerarlo "una interlocutore autorevole".

Uno status quo che apre sul futuro della legislatura un periodo di incertezze, mentre si fanno sempre più insistenti le voci, tra i corridoi dei palazzi politica, di manovre per spodestare l'avvocato pugliese da palazzo Chigi e preparare quindi il terreno per l'elezione del successore di Sergio Mattarella. In fondo - è il ragionamento - questa legislatura è nata anche per evitare che il centrodestra porti un suo uomo sul colle più alto di Roma. Missione quindi che non può fallire.

La mancanza di aggregazione di Conte è ormai visibile a tutti, con grandi manovre in atto - secondo autorevoli retroscena - per portare il premier a fare un passo indietro, dopo il voto delle regionali e il referendum confermativo della legge sul taglio dei parlamentari. In Parlamento è all'ordine del giorno la discussione su una crisi che prima o poi arriverà, "è nell'aria inutile negarlo" confida una fonte della maggioranza, se già quest'anno o i primi mesi del prossimo ancora però non è dato saperlo. Sono pochi però a volersi prendere il rischio di aprire una crisi a gennaio - dopo l'approvazione della legge di bilancio - fornendo l'assist a Lega e Fdi per andare a elezioni anticipate a primavera (ultima finestra elettorale valida prima del semestre bianco di Mattarella).

Anche Forza Italia preferirebbe una crisi invernale, con impossibilità di ricorso alle urne (non essendo stato predisposto il quadro normativo elettorale dopo il cambio di platea parlamentare, ndr) piuttosto che il voto a primavera. L'ipotesi più accreditata resta quindi quella di sfruttare ottobre per procedere a un rimpasto con o, "sarebbe meglio", senza Conte.

In questo scenario però si aprirebbero una serie di incognite, tra cui l'ipotesi che lasciando palazzo Chigi il premier poi si concentri sulla scalata al Quirinale, forte di un consenso popolare che ancora lo vede tra i personaggi politici più amati dagli italiani. Il Partito democratico ha in tasca una rosa di nomi da spendere tra cui quello di Dario Franceschini e Pier Ferdinando Casini, su cui si potrebbe concretizzare l'appello di Matteo Renzi a ripetere per il Colle l'esperienza del metodo Ursula, con la maggioranza allargata a FI. Si fa strada però anche Paolo Gentiloni, oggi impegnato in Europa come commissario, e per questo lontano dalle beghe della politica italiana.

I nomi insomma ci sono, bisognerà vedere se saranno attuali anche nel 2022. E in caso di stallo? Lo stesso che il Parlamento in seduta comune vide consumarsi nel 2013, Mattarella sarebbe disponibile a ricandidarsi? Al Quirinale è una ipotesi che in alcun modo viene presa in considerazione. Quanto accaduto nel 2013 porta con sè anche un errore tattico dei partiti che poi portò alla rielezione di Giorgio Napolitano.

Dopo lo scandalo del 101 franchi tiratori, che affossarono Romano Prodi alla quarta votazione, i leader di partito, tra cui Bersani e Berlusconi, salirono al Colle per far disfare gli scatoloni al presidente uscente e ci riuscirono. Un precedente che però porta con sè una considerazione: Franco Marini (prima scelta del centrosinistra poi votato anche da Lega, Pdl e Udc) raggiunse 521 voti quando era richiesta la maggioranza qualificata dei due terzi dell'assemblea. Non sufficiente, ma dal quarto scrutinio poteva servire abbassandosi il quorum a 504 voti necessari. Se fosse stato riproposto Marini, forse si ragiona, non si sarebbe andati al Napolitano bis. Mattarella, sono le considerazioni di diverse fonti parlamentari, oggi non si renderebbe disponibile di fatto se ogni strada non fosse stata davvero percorsa.

Tornado alla partita a Risiko che si sta giocando all'interno della maggioranza, è evidente che l'obiettivo è quello di portare a casa un capo dello Stato che sia lontano da mire personali e soprattutto che non sia espressione dei sovranisti. Il 31 luglio del prossimo anno si aprirà il semestre bianco di Mattarella, con scadenza il 31 gennaio 2022 e un'altra incognita si materializza in quadro ancora buio: l'attuale inquilino del Colle seguirà le orme di Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, che fecero votare prima della scadenza del mandato? Nulla trapela dal Quirinale su questo argomento, ma, andando a scartabellare i precedenti, Ciampi riuscì con un accordo con l'allora presidente della Camera, Fausto Bertinotti, a far coincidere le sue dimissioni con l'elezione appunto di Napolitano, che fece lo stesso nel 2013 promuovendo la convocazione del Parlamento in seduta comune (in accordo con la presidente Laura Boldrini) un mese prima della scadenza del suo mandato. Una forma di galateo o garbo istituzionale utilizzata per evitare che il paese resti senza un presidente nella pienezza dei poteri. Garbo che Mattarella ha fino ad oggi confermato in diverse occasioni.

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