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Decreto liquidità, di poderoso c'è solo il bluff di Giuseppe Conte

Concessi solo 6,4 miliardi di prestiti in un mese. È l'1,6% dei 400 promessi. Colpevoli le norme scritte con i piedi e non le banche accusate dal premier

Franco Bechis
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Alle imprese italiane in quasi un mese è stata concessa liquidità per 6,4 miliardi di euro, e di questi solo 1,9 miliardi sono garantiti totalmente dallo Stato italiano. In tutto è l'1,6%% di quell'intervento di 400 miliardi di euro che il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, aveva definito «poderoso». Siccome i soldi servivano subito, anche prima per riuscire a superare il lockdown e restare aperti sperando di non essere già falliti quando l'Italia sarà tornata alla piena normalità, è evidente che di poderoso qui c'è solo il bluff del premier. Indubbiamente risulta dopo un fallimento di queste proporzioni urticante la prosopopea e la propaganda utilizzata da palazzo Chigi nel presentare le sue ricette economiche per l'Italia che purtroppo tali non erano. Quasi nessuna scelta fatta fin qui ha colto nel segno, e gli esperti sanno anche benissimo per quali ragioni. Per approfondire leggi anche: Mascherine, Arcuri fallisce e scarica sugli altri Continuano a dirlo ogni volta che si porge loro un microfono, ma è come se Conte fosse sordo cieco e muto: parla solo per tessere le lodi di se stesso e fare ramanzine anche morali agli italiani non si capisce bene da quale pulpito. Oggi intervistiamo Beppe Ghisolfi, che ha passato una vita nel sistema bancario e che con parole molto semplici spiega al premier perché quel decreto liquidità non sta funzionando: si è dimenticato di sospendere se non di abrogare tutte le norme pre-esistenti sul credito bancario, a cui le banche debbono attenersi per non finire nei guai anche per concedere quei mini finanziamenti da 25 mila euro. Non è questione dunque di mancanza di cuore dei banchieri, come ha detto in modo strampalato e assai confuso Conte nella sua giornata peggiore (quella del viaggio in Lombardia). Ma di un errore compiuto dal suo governo, che per altro dall'inizio della crisi del coronavirus ne inanella uno ogni sei ore per sciatteria e assoluta incompetenza (lo dico benignamente, perché talvolta c'è da sospettare il dolo). Seconda ragione per cui la cura non funziona e stiamo mandando all'aria le nostre imprese e quindi a casa anche i loro lavoratori è l'incredibile girandola burocratica delle norme varate. Cito solo un aspetto grottesco: per i finanziamenti privi della garanzia totale dello Stato le banche debbono per forza fare le loro lunghe istruttorie sul merito di credito e pretendere documentazione copiosa come le garanzie scoperte. Terminata l'istruttoria già abbastanza lunga così, trasferiscono la documentazione ottenuta alla Sace che ricomincia tutto da capo. Non c'era alcuna ragione pratica di farlo, se non il riaffermare il potere che il M5s ha sulla Sace, facendo passare solo per questo motivo tutto da lì.  Ma vorrei citare un passaggio di quel decreto-bluff che fa capire perché oltre a non funzionare, sta tenendo lontani gli imprenditori da un sistema così tortuoso. Sono le poche righe con cui si spiegano i tassi da pagare sul prestito più piccolo da chiedere, quello appunto fino a 25 mila euro. Eccolo, è contenuto nell'articolo 13 del decreto liquidità: «In relazione alle predette operazioni, il soggetto richiedente applica all'operazione finanziaria un tasso di interesse nel caso di garanzia diretta, o un premio complessivo di garanzia nel caso di riassicurazione, che tiene conto della sola copertura dei soli costi di istruttoria e di gestione dell'operazione finanziaria e, comunque, non superiore al tasso di Rendistato con durata residua da 4 anni e 7 mesi a 6 anni e 6 mesi, maggiorato della differenza tra il Cds Banche a 5 anni e il Cds Ita a 5 anni, come definiti dall'accordo quadro per l'anticipo finanziario a garanzia pensionistica di cui all'articolo 1, commi da 166 a 178 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, maggiorato dello 0,20%». Pensate che un piccolo imprenditore possa capire qualcosa di un testo come questo? Non ne capiscono nulla (salvo che Cds stia per Credit Default Swap) nemmeno gli esperti e i bancari che dovrebbero applicare quel tasso al prestito. È una delle tante perle della legislazione varata da Conte che oltre ad avere pessimi ministri, ha anche il peggio della pubblica amministrazione a collaborare con lui sulla stesura delle leggi. È tradizione italiana che siano scritte spesso male, così male come sta accadendo proprio in queste settimane delicate non sono mai state scritte. Siccome è poco interessante il fallimento di Conte e del suo governo, ma importante per tutti cercare di evitare quello di gran parte del sistema economico italiano, invece di infilare altre decine di pagine strampalate nel decreto maggio (ieri ne ho scorse più di 700 che contenevano le fantasiose e talvolta allucinanti proposte dei suoi ministri), scriva 4 o cinque articoli, e con il primo sani gli errori del decreto liquidità. Gli altri abbiano poche parole, più o meno quelle contenute in uno scontrino fiscale: cifra stanziata e destinatari, senza condizioni di alcun tipo

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