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Nervi tesi in Parlamento sulla possibilità di andare a messa. E alla fine Forza Italia frega Conte

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Passa l'emendamento degli azzurri per promuovere protocolli d'intesa tra Stato e Vaticano. Ma manca ancora la data ufficiale. E la Meloni non ci sta

Carlantonio Solimene
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Consentire la progressiva riapertura dei luoghi di culto e il riavvio delle funzioni religiose. La Camera condivide la necessità di riattivare un diritto sancito dalla Costituzione, precluso dai provvedimenti del governo a causa dell'emergenza sanitaria, ma non riesce a trovare un accordo unanime sul come e sul quando. L'aula vota congiuntamente tre emendamenti, sui quali il governo aveva espresso parere favorevole, presentati dal Pd, Fi e Iv al decreto sul Covid 19, che raccolgono un principio comune: l'esigenza di ripristinare le cerimonie e la preghiera, riaprendo i luoghi di culto di ogni confessione religiosa. In pratica ci saranno protocolli d'intesa tra lo Stato e il Vaticano per individuare tutte le misure di sicurezza, e subito dopo si potrà tornare in chiesa rispettando il distanziamento sociale e le norme igienico-sanitarie. Finisce con 331 voti a favore, due contrari, ma una consistente fetta dell'aula (134 deputati) si astiene, perché considera troppo morbida e poco determinata sui tempi la formulazione degli emendamenti. Ma al di là della conta, la mattinata, in un emiciclo allargato alle tribune in genere riservate alla stampa e al pubblico, che ha ampliato la capienza e portato il "plenum" a 503 deputati nel rispetto dei distanziamenti per circoscrivere il rischio del contagio, registra un dibattito impegnato e partecipe, sulla tutela del diritto di culto. Un principio costituzionale che, al pari di altri secondo i rappresentanti dell'opposizione, il governo e la maggioranza hanno aggirato a colpi di dpcm. Limitazioni, quelle sulla libertà religiosa, che il leghista Alessandro Pagano ha giudicato «illogiche, incomprensibili e incostituzionali». Sono almeno «33 i casi conclamatici, censiti e registrati dall'informazione» nei quali le disposizioni contenute nell'articolo 19 sono state «calpestate, determinando dei soprusi ingiustificati nei confronti di un diritto ribadito da decine di sentenze della Corte Costituzionale Il dato politico - ha concluso il deputato della Lega - è che qualcuno vuole far prevalere l'idea di uno Stato laicista che è cosa ben diversa dal principio della laicità dello Stato». «Anche in una stagione emergenziale - ha detto la capogruppo di Fi, Mariastella Gelmini, firmataria di uno dei tre emendamenti sui quali l'aula ha votato a favore - ci sono delle regole che non possono essere calpestate. La Costituzione garantisce una serie di libertà, inclusa la libertà di culto. Qui invece ci stiamo abituando a veder calpestate e indebolite le libertà degli italiani con dei dpcm. Questo è intollerabile. Gli italiani hanno bisogno di riprendere in mano la loro vita e per un credente andare a messa non è un orpello inutile ma un fatto essenziale. Quando la maggioranza e il governo consentono 4 mln di italiani di tornare al lavoro, pensiamo che, con le dovute precauzioni, si possa tornare a messa, senza il consenso del presidente Conte. Ci sono libertà Costituzionali che vengono prima dello Stato, del governo e del presidente del Consiglio». «Sono meravigliato che il dibattito, che ha preso una piega teologica, disconosca l'impegno diligente delle commissioni. La fede - ha sostenuto Vito De Filippo (Iv), altro autore di uno degli emendamenti approvati dall'aula - è un sentimento profondo che non ha bisogno della propaganda e lo dico da cattolico. Abbiamo lavorato in queste ore seguendo la linea maestra dell'articolo 19 della Costituzione, che parla della Chiesa ma anche delle altre confessioni religiose. Quindi dopo un lunghissimo lavoro abbiamo riscritto concordemente l'emendamento - sottolineo questo avverbio - senza tutta la propaganda, inutile e vacua, che si è sentita oggi». Fdi invece ha sottolineato la mancanza di un termine temporale che fissi una data certa per le riaperture. «Non è un dispetto non voler accettare la riformulazione dell'emendamento - ha dichiarato Tommaso Foti - che è, a nostro avviso, un compromesso al ribasso rispetto al quale noi diciamo di no. C'è l'articolo 19 ma c'è anche l'articolo 20 della Costituzione, che è molto chiaro e che impedisce, con provvedimenti legislativi, qualsiasi limitazione alla libertà di culto. Qui oggi noi non stiamo parlando di una legge ma di un atto amministrativo che ha prodotto questa limitazione. Allora fissare un termine entro il quale questa situazione eccezionale debba essere conclusa è un principio minimale per risolvere questo problema». Accorato e molto applaudito è stato l'intervento di Maurizio Lupi. «La libertà religiosa è un diritto insopprimibile della persona, che non può essere a disposizione dello Stato. Stiamo convertendo un decreto con il quale il governo sta cercando di mettere una toppa a una serie di provvedimenti attuati con dpcm, che hanno limitato una serie di libertà, compresa quella religiosa. Nella Fase 2 si pone una domanda essenziale: perché è permesso riaprire i negozi in condizioni di sicurezza e non è stata permessa l'essenziale libertà di culto?». «Non stiamo facendo una discussione confessionale - ha continuato il capogruppo di Noi con l'Italia - ma se i poteri passano dal parlamento al governo, anche l'ultimo funzionario o l'ultimo scienziato potrà dirci quale mano alzare o come ci dobbiamo vestire. Il Paese vuole ripartire scommettendo sulla dignità e sulla libertà della persona e sull'insopprimibilità dei diritti dei cittadini. Di conseguenza il presidente Conte la smetta di dire che "ci consente" o che "dispone". Conte non consente e non dispone, ma è il Parlamento che gli dà il potere e non l'esecutivo ad averlo». 

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