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Coronavirus, se volete produrre la mascherine vi faranno pure l'esame del sangue

A 54 giorni dall'emergenza coronavirus arriva l'ordinanza per produrre le mascherine con regole da azzeccagarbugli

Franco Bechis
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Ieri a molti italiani è venuto un colpo al cuore quando su molti siti Internet è stata pubblicata la bozza dell'ennesimo decreto governativo: lì si citava uno stato di emergenza fino al prossimo 31 luglio. Ma come? Dovremo stare chiusi in prigione a palpitare fino alle 18 di sera in attesa del bollettino dei morti e contagiati della protezione civile? Giuseppe Conte nel tardo pomeriggio in una videoconferenza stampa un po' surreale (non ha funzionato un solo collegamento video con i giornalisti che sembravano sperduti nello spazio), si è augurato di non arrivare in queste condizioni fino al 31 luglio, che è solo la data della fine prudenziale dello stato di emergenza decretato per sei mesi lo scorso 31 gennaio. Il decreto che non abbiamo avuto la ventura di vedere nemmeno a tarda sera nel suo testo reale (è ormai un vizio di Conte) essendo circolate solo le bozze limita ulteriormente le libertà personali lasciando fra i poteri del premier almeno nel testo circolato perfino quello di chiudere fisicamente le chiese. Sulla Gazzetta Ufficiale n. 78 del 24 marzo pubblicata dopo le 22 ieri sera quel testo non c'era. Ma ce ne era un altro illuminante, di una ordinanza a firma di Domenico Arcuri, da poco nominato commissario straordinario per l'emergenza epidemiologica, che mette a disposizione 50 milioni di euro di agevolazioni da concedere a imprese italiane che vogliano riconvertire la propria produzione in una catena di montaggio per mascherine di protezione o dispositivi medici (respiratori e macchine per l'analisi dei tamponi) di cui il nostro sistema sanitario è privo. Non voglio annoiarvi con i particolari contenuti nelle otto pagine scritte in un burocratese che mai avremmo immaginato di leggere in un momento così. Ma quel decreto è la rappresentazione plastica delle condizioni in cui è stata governata questa drammatica crisi. L'idea di mettersi a produrre mascherine che per altro possono essere consegnate al commissario addirittura entro il prossimo 31 dicembre (le procedure per fare domanda sono farraginose e lunghissime, quelle per accoglierla ancora di più) arriva in un atto del governo italiano a 54 giorni dalla dichiarazione di emergenza nazionale. Che diavolo ha fatto in tutto questo tempo allora chi doveva muoversi visto che aveva riconosciuto questa emergenza? Nemmeno alle mascherine, alle terapie intensive, ai respiratori, ai tamponi si è pensato durante il mese di febbraio? E di che si sono occupati il presidente del Consiglio Conte e il ministro della Salute, Roberto Speranza in quelle lunghe settimane in cui si è perso tempo prezioso? Da marzo vediamo la corsa fuori tempo di protezione civile e assessorati della Sanità delle varie Regioni, magari aiutate come è accaduto a Piacenza dalla capacità dell'esercito italiano che è riuscito a costruire in sole 72 ore un piccolo ospedale da campo già funzionante, ma perché avendo coscienza dell'emergenza il nostro governo ha dormito? E ora che si è svegliato sotto cumuli di bare e una situazione drammatica, invece di aprire ogni risorsa a chi accetta di mettere una toppa alle loro mancanze producendo mascherine utili a tutti, chiede loro l'esame del sangue, una perizia giurata sugli ultimi due bilanci e mille altre condizioni per fare un prestito che dovranno restituire a interessi calmierati? Ma scherziamo? In attesa dell'ultimo decreto fantasma ieri è stato raccolto un testo unico dei dpcm e delle odinanze varate con colpevole ritardo da tutti. Sono 295 pagine, una follia assoluta. Invece di muovere il sedere dalle loro poltrone, velocizzare tutto per battere il virus sul tempo questi hanno saputo solo metterci in prigione e intrappolare chiunque volesse rimboccarsi le maniche e dare una mano anche con generosità in cumuli di carte da azzeccagarbugli? Qualche giorno fa un importante imprenditore ha messo mano al portafoglio annunciando a una struttura sanitaria del Nord Italia in prima linea a curare le vittime del virus un suo contributo di 20 milioni di euro. Si è sentito pregare in ginocchio: “Non soldi, per favore. Altrimenti ci mettiamo mesi a spenderli. Compra tu dei respiratori per la terapia intensiva e donaci quelli che così salviamo vite umane”. Avere lasciato tutti in queste condizioni bombardando con regolette che solo intralciano è davvero un atto criminale, e un processo a chi ci ha lasciati in queste condizioni bisognerà farlo quando i morti e i feriti potremo finalmente metterceli alle spalle.  

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