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Coronavirus, l'Europa pugnala l'Italia

Gli altri Paesi dell'Unione Europea ci trattano come appestati e fanno i sovranisti

Franco Bechis
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Ci hanno lasciati soli. Tutti, senza alcuna eccezione. Hanno blindato in ogni modo un enorme Colosseo con al centro i leoni affamati del coronavirus e dentro tutti noi: si salverà chi riuscirà a togliersi dal tiro di fauci e artigli. E' solo a questo che è servita nel momento del vero bisogno quella cosa finta che chiamiamo Europa. Se ne è reso conto ieri perfino il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, che ha perso ogni aplomb e messo da parte la tradizionale mitezza, rilasciando una nota di fuoco per dire che ci saremmo aspettati un pizzico di condivisione della tragedia e non c'è stata. Ma pretendiamo almeno che gli altri paesi europei non ci mettano pure i bastoni fra le ruote. Le parole esatte di Mattarella sono queste: “L'Italia sta attraversando una condizione difficile e la sua esperienza di contrasto alla diffusione del coronavirus sarà probabilmente utile per l'Unione Europea. Si attendono quindi, a buon diritto, quanto meno nel comune interesse, iniziative di solidarietà e non mosse che possano ostacolarne l'azione”. I bastoni fra le ruote non sono stati pochi: chiusura sostanziale dei confini, italiani trattati da appestati ovunque, ognuno a pensare a sé e nemmeno la più pallida idea di aiutare chi sta in grave difficoltà liberando risorse economiche (che in gran parte per altro vengono proprio dall'Italia). Ma ieri pure la mazzata terribile che ci ha regolato il peggiore crollo degli ultimi decenni: -17%, e in fumo 84,2 miliardi di euro, il quadruplo di quelli che il governo di Giuseppe Conte vorrebbe impiegare in deficit per affrontare l'emergenza. Ci è stata inferta da una signora francese, Christine Lagarde, il governatore della Bce che è successa al nostro Mario Draghi. La signora Lagarde ci ha deliziato alla vigilia della assunzione del suo incarico con i racconti sulla sua “intensa vita erotica” da sessantenne, e sui modi con cui si tiene in forma rassodando i glutei sulla cyclette. Alla sua prima vera prova come era desumibile facilmente da questo esordio la signora ha dimostrato di non essere affatto all'altezza del compito assegnatole, e ieri in una conferenza stampa disastrosa come non si ricorda nella storia della anca centrale se ne è uscita con “Non siamo qui per chiudere gli spread. Ci sono altri strumenti e altri attori per gestire queste questioni”, chiamandosi quindi fuori dalla battaglia o dal governo di qualsiasi battaglia o crisi finanziaria. L'esatto opposto di quel che disse Draghi davanti alla tempesta del 2011: “Whatever it takes”, e cioè “faremo qualsiasi cosa sia necessario” per fermarla. Risultato: è stata la Lagarde a originare la tempesta, a fare perdere quegli 84 miliardi ai risparmiatori italiani, a fare schizzare in alto lo spread. Ha ragione Mattarella: se proprio non volete aiutarci, almeno cercate di non danneggiarci stupidamente. In questo momento così grave, se questo è il modo di procedere meglio che la Lagarde torni a pensare più all'intensa vita erotica di cui era orgogliosa che ai mercati e alla moneta unica europea. Il coronavirus ha sollevato il velo che copriva la miseria di questi tempi, privi di veri leadership politiche in gran parte del mondo, densi solo di slogan e finzione. Fino a un paio di mesi fa l'Europa aveva uno spauracchio: i sovranisti, e fra questi l'orrore degli orrori pareva essere l'italiano Matteo Salvini. Ma si trattava di tweet, di slogan vuoti ripetuti all'infinito per farli sembrare più pieni, e alla prima vera prova che la realtà prima o poi impone (questa tragica epidemia) tutti i leader europei sono diventati quella macchietta di Salvini su cui ironizzavano fino al giorno prima. Forse solo Angela Merkel ha mostrato un passo un pizzico diverso, ma con la stanchezza di chi è ormai al tramonto e non se la sente di caricarsi sulle spalle anche gli altri in questo momento drammatico. Il presidente francese Emanuel Macron è stato forse fra i peggiori in assoluto: una macchietta quasi clownesca. Che il mercoledì urlava sotto la Torre Eiffel “Noi non rinunceremo a niente. Non rinunceremo a ridere, a cantare, a pensare, ad amare. Non rinunciamo alle terrazze, alle sale da concerto, alle feste nelle serate estive. Soprattutto non rinunciamo alla libertà e al nostro spirito di resistenza che rende la Repubblica così grande, la Francia così forte”. Ieri lo stesso Macron ha voluto parlare alla nazione annunciando la chiusura di scuole e università e l'inizio di una quarantena per molti francesi. Una giravolta incredibile in appena 24 ore, cose da fare impallidire quel che hanno combinato i politici italiani che almeno hanno messo qualche giorno o settimana fra un editto e il suo diametrale opposto. Tutti messi a nudo da un virus, che fa danni terribili. Non questo.  

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