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Renzi-Conte highlander, ne resterà soltanto uno

Franco Bechis
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La politica italiana è assai più semplice di quel che non si legga. Matteo Renzi e Giuseppe Conte personalmente non si sopportano, e se il governo attuale è in acque agitate è dovuto soprattutto a questa antipatia che forse è soprattutto distanza personale l'uno dall'altro. Naturalmente entrambi diranno che non è una questione personale, e che le discussioni riguardano temi politici e programmatici. Però non è così. Quel rapporto è nato male dal primo giorno. Perché Renzi si sente - e non ha torto - padre del governo attualmente in carica grazie al pressing fatto ai primi di agosto nei confronti di Nicola Zingaretti, e questa cosa Giuseppe Conte non gliela ha mai riconosciuta. Il premier, che a palazzo Chigi piano piano ha preso quella sicurezza di sé che non aveva fino ad abusarne, è invece convinto di avere fatto lui l'intero capolavoro, ritorcendo contro Matteo Salvini lo sgambetto che gli aveva allungato dopo i famosi giorni del Papeete. Conte quindi non solo non ha detto grazie a Renzi per avergli consentito una seconda vita, ma ha fatto pure l'offeso bacchettandolo quando questi se ne è andato come era legittimo facesse dal Pd fondando Italia Viva. Il presidente del Consiglio non ha mai invitato né incontrato Renzi a differenza degli altri leader che compongono l'attuale maggioranza, e certo il rapporto fra i due è partito fin dal primo giorno con il piede sbagliato per responsabilità soprattutto di Conte. C'è naturalmente una ragione dietro questa scelta di marcare con qualche rischio le distanze da un azionista sia pure piccolo della sua maggioranza: se Conte è al suo posto lo deve soprattutto al M5s da cui dipende tutta la sua esperienza politica, e per i grillini è stato complicato passare dal letto di Salvini a quello del «partito di Bibbiano», come lo definivano solo un mese prima del nuovo comune talamo nuziale. Per digerire l'unione contro natura si sono detti che il Pd non era più il partito di Renzi, nemico di una vita: lo guidava Zingaretti e l'altro era solo un senatore toscano che non contava più nulla. Così non è stato per la nascita di Italia Viva e sia Conte che il M5s hanno pensato di non avere un problema di coscienza in più semplicemente fingendo che Renzi non esistesse. Il diretto interessato non ha gradito, e siccome esisteva e voleva renderlo plasticamente visibile, la crisi di rapporti politici e personali è inevitabilmente deflagrata, incattivendosi di settimana in settimana. Renzi è andato all'attacco apertamente su temi dell'attività di governo (la prescrizione, ma non solo), Conte ha risposto quasi mai mettendoci la faccia ma facendo filtrare sulla stampa l'idea del premier di una irrilevanza del suo piccolo socio, sostituibile in qualsiasi momento con altre truppe di responsabili o addirittura ridicolizzabile alla bisogna portandogli via senatori che oggi aderiscono al gruppo di Italia Viva. A questo punto sembra di vedere una delle scene finali della serie cinematografica e tv «Highlander», con lo scontro fra immortali pronti a tagliarsi la testa al grido «Ne resterà soltanto uno». Solo che né Conte né Renzi godono di immortalità, e nello scontro diretto potrebbero lasciarci le penne entrambi. Ma non sembrano averne coscienza. Renzi vuole sostituire Conte a palazzo Chigi con qualcun altro gradito al Pd (ha già lanciato in campo la candidatura del ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri). Il premier vuole mandare via dalla maggioranza Renzi sostituendolo con scampoli di armata Brancaleone presi un po' da Forza Italia e un po' da presunti renziani pentiti. Nell'uno e nell'altro caso non si prevede il rischio delle urne. Questa a me sembra l'unica certezza, perché prima per il referendum, poi perché manca la definizione dei collegi, poi perché bisogna pensare alla manovra di bilancio, alle nuove clausole di salvaguardia Iva, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non scioglierà le Camere nel 2020. La prima finestra di un possibile ritorno al voto è dunque nella primavera 2021. Chi vincerà lo scontro allora? Se continua e Conte non farà un passo esplicito di avvicinamento a Italia viva, due soldi (e non più di due) li punterei su Renzi, perché un premier su cui già all'inizio il Pd storceva il naso, è più facile da sostituire. Purtroppo non cambierà nulla per la maggioranza assoluta degli italiani contro cui questo governo insieme alle sue politiche è nato. È un esecutivo ostile ai progetti degli italiani, e tale resterà anche cambiando qualche testa.

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