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I Cinque Stelle franano. Chi salva i grillini? L'unico nome M5S

Caos M5S per le defezioni inarrestabili dei deputati nel gruppo Misto. Ai grillini adesso serve la cura Di Battista...

Andrea Amata
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Prosegue lo smottamento dei Cinque Stelle con altre defezioni di deputati che si rifugiano nel gruppo Misto. La diaspora grillina non accenna a placarsi indebolendo, ulteriormente, il capo politico Luigi Di Maio. Un manipolo di senatori ha redatto un documento di sfiducia contro il titolare della Farnesina e il demiurgo della piattaforma Rousseau Davide Casaleggio. L'ex ministro Lorenzo Fioramonti intervistato a "Piazzapulita" ha dichiarato di aver «smesso di versare le restituzioni al M5S perché finivano in un conto privato intestato a Luigi Di Maio, Stefano Patuanelli e Francesco D'Uva. Nessuno sa come vengono utilizzati». Di Maio si sente accerchiato e non può continuare a contemplare passivamente la dissoluzione del Movimento e molti ne chiedono un passo indietro. La sua figura è logorata dal concubinaggio con i Dem che gli preclude la possibilità di essere il front man della prossima tornata elettorale perché come fantino del cavallo a Cinque Stelle ha deluso, azzoppando il puledro. L'unico che può salire in sella del destriero populista è Alessandro Di Battista che può attribuirsi la castità dal potere e l'incontaminazione, rilanciando, diversamente da Di Maio, una narrazione di differenziazione e di alternativa al sistema. Non sarà semplice per Diba formulare un racconto di distinzione, essendo subentrata nella biografia del Movimento l'esperienza di governo double face, rovesciabile alla bisogna, ma la sua immagine intonsa può ammaliare i delusi e rimettere in moto un messaggio mobilitante. Per approfondire leggi anche: Luigi Di Maio si dimette? La bomba di Travaglio I sintomi dello sgretolamento dei Cinque Stelle si sono già manifestati alle elezioni europee e alle regionali, ma la certificazione clinica dell'erosione si avrà con la consultazione in Emilia Romagna che è la regione simbolo del Movimento che ne ha gestito la fase embrionale con i primi meet-up. Per una sorta di nemesi la politica si è presa la rivincita su chi l'aveva con veemenza screditata ponendosi come contrappeso antagonistico. La realtà si è imposta su chi voleva correggerla, la complessità dei problemi ha prevalso sull'estremismo semplificatore e le regole della politica si sono dimostrate più tenaci di chi le diffamava con faciloneria come suggestione del malaffare. Il loro granitico dissenso sulla mediazione si è sfarinato tanto da integrarsi organicamente al compromesso. L'esaltazione della democrazia diretta, nella prospettiva della liquidazione della rappresentanza parlamentare, si è convertita in apologia della democrazia parlamentare. In sostanza il Movimento si è lasciato plasmare dal sistema che voleva rivoltare, finendone inglobato e dall'interno si esibisce nella pantomima sterile della diversità. Le poltrone, che prima schernivano, oggi sono riverite e il compromesso, sempre osteggiato come formula di corruzione politica, è stato adottato nel percorso di sopravvivenza dei grillini. In questo quadro deteriorato l'unico che può esercitarsi nel tentativo di far rifluire il Movimento nel suo status originario di stimolo ruspante del sistema è Di Battista. Sempre che Diba sia disponibile a rivitalizzare e riverginizzare una presenza in fase di decomposizione o ritenga, invece, che sia più utile demolire l'edificio pentastellato per ricostruire un nuovo caseggiato.

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