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Ex Ilva, bomba sociale: governo spaccato. La multinazionale conferma l'addio

Silvia Sfregola
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Il muro contro muro resta. Dopo ore di riunioni e vertici tra Governo e ArcelorMittal, il premier Giuseppe Conte ha voluto fare il punto della situazione ribadendo in primis che le richieste della multinazionale dell'acciaio non sono "sostenibili sul piano giuridico". "La vertenza che si è venuta a creare sta particolarmente a cuore al governo, riteniamo quel polo industriale di interesse strategico per il Paese sia dal punto di vista industriale che sociale e occupazionele. Il governo ha dichiarato la propria disponibilità per quel che riguarda l'immunità, questione che l'azienda ha da tempo ha addotto pubblicamente per giustificare il recesso dal contratto". Secondo quanto ha spiegato il premier, l'azienda non ritiene di poter "remunerare l'investimento", si tratta dunque di un motivo prettamente economico e industriale". " Per assicurare la continuità aziendale ci viene rappresentato l'esubero di 5mila lavoratori. Questo è inaccettabile". Giuseppe Conte ha offerto all'azienda due giorni di tempo per ripensarci e per presentare un piano che assicuri continuità, livelli occupazionali, produttivi e ambientali, ribadendo che il Governo è coeso ed è pronto a fare la sua parte. Dopo la bomba dell'addio di Arcelor Mittal due giorni fa, il governo ha cercato una exit strategy per salvare i 10.700 dipendenti del gruppo, ma l'esito sembra tutt'altro che scontato. Ieri a Palazzo Chigi va in scena l'atteso vertice tra il premier Giuseppe Conte, cinque ministri (tra cui Stefano Patuanelli e Roberto Gualtieri) e i rappresentanti di Mittal (presidente e ceo Lakshmi Mittal e il chief financial officer Aditya Mittal). La discussione, dopo l'incontro, arriva in Consiglio dei ministri e viene definita «molto preoccupata e responsabile» da fonti qualificate. Ma la vera «bomba» sociale che arriva sul tavolo del governo è la richiesta dell'azienda di dover tagliare 5mila posti di lavoro. Condizione che il governo «non può neanche prendere minimamente e lontanamente in considerazione». La questione dello scudo penale, invece, non sarebbe pregiudiziale per Arcelor Mittal. Ilgoverno starebbe comunque discutendo sulla possibilità di intervenire per decreto per «mettere in chiaro pubblicamente le cose e le posizioni». Il premier Conte in serata convoca una conferenza stampa con il ministro dello Sviluppo economico Patuanelli per fare chiarezza. Il presidente del Consiglio tiene a precisare che «lo scudo penale non è la vera causa del disimpegno» di Arcelor Mittal. Il motivo di quanto sta accadendo è un altro: «Il tema è che l'azienda ritiene che con i livelli di produzioni non siano sostenibili gli investimenti e di non poter assicurare gli attuali livelli di occupazione - spiega Conte - Per assicurare la continuità aziendale ci viene rappresentato l'esubero di 5mila lavoratori. Questo però è un gioco che non accettiamo. Se ci sono criticità non giustificano affatto la riconsegna dell'intero impianto, è scattato l'allarme rosso, ci siamo resi disponibili a una finestra negoziale 24 ore su 24». Nella maggioranza però rimangono delle divergenze tra chi, come Pd e Italia Viva, vorrebbe il ripristino dello scudo legale per decreto d'urgenza e chi invece, come il M5S, nicchia, puntando magari su una norma più generale sulla base dell'articolo 51. «La linea del governo è che gli accordi contrattuali vadano rispettati e in questo caso riteniamo non ci siano giustificazioni per sottrarsi - aveva spiegato il presidente del Consiglio in mattinata - il governo è disponibile a fare tutto il possibile per affinché ci sia il rispetto degli impegni». Da parte sua l'azienda tira dritto. Ieri ha comunicato ai sindacati territoriali che avrebbe attivato l'articolo 47 e proprio in mattinata è arrivata la lettera formale. Mittal ha annunciato la riconsegna delle aziende e dei dipendenti ai commissari straordinari. La tutela legale - eliminata con un emendamento del M5S al dl imprese - rappresentava «un presupposto essenziale su cui AmInvestCo e le società designate hanno fatto esplicito affidamento e in mancanza del quale non avrebbero neppure accettato di partecipare all'operazione né, tantomeno, di instaurare il rapporto disciplinato dal contratto». Con la procedura di recesso si prevede la cessione del ramo d'azienda che coinvolge 10.777 dipendenti, di cui 8.277 a Taranto. Le città coinvolte sono appunto Taranto, Genova, Novi Ligure, Milano, Racconigi, Paderno Dugnano, Legnano e Marghera, oltre a tre altre società che fanno parte del perimetro dell'ex Ilva. Di fronte ad una situazione così difficile, si assiste ad atteggiamenti molto diversi da parte dei sindacati. Mentre Fiom Cgil ha proclamato lo stato di agitazione per tutti gli stabilimenti e la Uilm predica prudenza in attesa degli sviluppi, la Fim Cisl di Marco Bentivogli annuncia uno sciopero di 24 ore che durerà fino alle 15 di oggi. "Stiamo dando un'immagine pessima al mondo. Cosìgli imprenditori penseranno che l'Italia sia un Paese di truffatori, con i governi che firmano gli accordi e poi li disdicono". Così il leader della Lega, Matteo Salvini, in merito alla vicenda dell'ex Ilva, parlando con i cronisti a margine di una manifestazione della Coldiretti davanti a Montecitorio. "Al di là della vicenda ex Ilva, che è gravissima", ha ribadito l'ex ministro dell'Interno, l'esecutivo "scherza con decine di migliaia di posti di lavoro senza avere un piano B per la testa, tutto per una iniziativa pregiudiziale: il Movimento cinque stelle crede alla decrescita felice. Se il Partito democratico sarà complice di questa desertificazione industriale, quando noi torneremo al governo avremo dei problemi. Prima si vota e meglio è", ha concluso Salvini, "perché questi sono qui da due due mesi e ne hanno combinate di cotte e di crude".

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