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Camera e Senato saranno più "magri". Il taglio dei parlamentari è legge

Montecitorio dà l'ok alla riforma con 553 sì, 14 no e 2 astenuti

Carlo Antini
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Cambia il Parlamento. Dalla prossima legislatura saranno 200 invece di 315 i senatori e 400 invece di 630 i deputati. La Camera ha infatti approvato in quarta e ultima lettura il disegno di legge costituzionale che riduce il numero dei parlamentari. Hanno votato a favore tutti i gruppi tranne +Europa, per un totale di 553 sì, 14 no e due astenuti. Chi temeva franchi tiratori, quindi, è stato smentito. La maggioranza si è espressa in modo compatto portando a casa 326 voti a favore e superando, quindi, in autonomia, la soglia delle 316 preferenze necessaria per il sì definitivo (solo 11 gli assenti dei quattro partiti, 5 dei quali appartenenti alle fila pentastellate). Esulta il M5S che, come ai vecchi tempi, organizza un flashmob in piazza Montecitorio con tanto di forbici giganti e poltrone cartonate. «Per noi è un fatto storico - dice senza mezzi termini Luigi Di Maio - È una grandissima vittoria del popolo, visto che in Parlamento c'erano pochissime luci rosse. Passiamo da 945 a 600 parlamentari con una riforma storica che ricorderanno i nostri figli e i nostri nipoti». Dello stesso avviso è anche Giuseppe Conte che decide di essere presente in aula per l'ok finale. Per il presidente del Consiglio si tratta di una «riforma che incide sui costi della politica e rende più efficiente il funzionamento delle Camere. Un passo concreto per riformare le nostre Istituzioni. Per l'Italia - cinguetta - è una giornata storica». Decisamente meno trionfalistici i toni di Pd, Iv e Leu. Dopo aver detto "no" nelle tre letture precedenti, infatti, gli alleati - come da programma di Governo - votano a favore della riforma Fraccaro. «Oggi abbiamo deciso di votarlo tenendo fede al primo impegno del programma di Governo e anche perché abbiamo ottenuto, così come da noi richiesto, che si inserisca dentro un quadro di garanzie istituzionali e costituzionali che prima non c'erano», commenta Nicola Zingaretti, mentre Graziano Delrio sottolinea come non si tratti di «una cambiale in bianco», ma di un «patto di fiducia» che andrà rispettato. I Dem adesso vogliono passare all'incasso. A palazzo Madama sul ddl costituzionale per il voto ai 18enni per il Senato, prima, già in questo mese, e con la riforma della legge elettorale poi, a dicembre. Se il proporzionale sarà la base di partenza, per i vertici del Nazareno, dovrà avere una «alta soglia di sbarramento» o virare sul «modello spagnolo», che di fatto è un proporzionale «molto corretto» che premia i partiti più grandi. I cinque stelle, per ora, giurano fede agli impegni presi. «Siamo stati e saremo sempre leali - assicura Di Maio - Noi abbiamo stabilito un percorso per mettere a posto i regolamenti del Senato e della Camera, per mettere a posto le leggi elettorali, per fare in modo che si attivino i pesi e contrappesi di questa riforma». Di tutto questo, insiste, si discuterà «da domani». Intanto i dem si leccano le ferite: «Il voto sul taglio dei parlamentari mi è costato moltissimo e penso che sia stato un passaggio gestito malissimo», accusa Matteo Orfini, che lamenta la mancata convocazione della direzione nazionale. Il sì dato «per lealtà» costa molto anche a Piero Fassino che invita Di Maio a non parlare di "taglia poltrone". «È sbagliato e devastante perché delegittima il Parlamento agli occhi dei cittadini. Il Parlamento non è uno spreco di denaro pubblico. Qui non siedono 630 approfittatori o mangia pane a tradimento ma rappresentanti dei cittadini italiani», dice prima di premere - turandosi il naso - il tasto verde. E se Roberto Giachetti, di Italia viva, vota a favore ma annuncia la volontà di raccogliere le firme per il referendum («E sarò il primo a costituire un comitato per il "no" alla riforma», ammette), a taccuini chiusi sono in tanti a manifestare perplessità: «La verità è che per una volta ha ragione Sgarbi - confidano - se il voto fosse stato a scrutinio segreto, l'esito sarebbe stato diverso». L'ok alla riforma, però, ha in sé anche il rovescio della medaglia, in termini di assicurazione sulla vita della legislatura. «Adesso - ammette qualcuno voglio vedere chi dice "andiamo al voto"». Soddisfazione viene espressa dai banchi di Fratelli d'Italia. «Il Parlamento italiano ha approvato una riforma chiesta e voluta dagli italiani e sono fiera che questo sia stato possibile soprattutto grazie a Fratelli d'Italia. Questo provvedimento infatti non sarebbe passato se Fratelli d'Italia, dall'opposizione e senza chiedere nulla, non lo avesse votato in tutte e quattro le letture. Lo abbiamo fatto perché noi siamo schierati solo con quello che vogliono gli italiani». Lo ha detto il presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, dopo l'approvazione alla Camera del taglio dei parlamentari.

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