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E ora che succede? Ecco cosa c'è da sapere sulla crisi di governo

Dalla strategia dei partiti alla "regola della culla", dal calendario parlamentare alla data del voto

Pietro De Leo
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E ora, che succede al governo? Nella convinzione che la domanda serpeggi nei conciliaboli sotto l'ombrellone, tra una pigra sbirciata e l'altra al profilo di qualche influencer di Instagram, ecco un breve prontuario di quel che può accadere e delle forze in campo. Ovviamente approssimativo, considerando tutte le variabili possibili e i terreni inesplorati che potrebbero aprirsi durante la crisi. Innanzitutto, cominciamo dai desideri. Lega - vuole votare, ma ha paura di qualche “piattino” o dell'allungamento del brodo. M5s - c'è consapevolezza che il voto sarà un bagno di sangue, vuole allungare il brodo attraverso il taglio dei parlamentari, da sempre una loro bandiera Pd-zingarettiano - Vuole votare per ridurre la componente renziana. Pd-renziano - Dice di voler votare, ma in realtà sa bene che le liste saranno una carneficina. Fdi - è in crescita, vuole votare. Forza Italia - Dice di voler votare, ma la fine del governo coincide con una fase di grande travaglio interno che, per essere rimesso a posto, richiederebbe del tempo. Cambiamo - Il neonato movimento di Toti, vede positivamente un ritorno al voto. Ora, dunque, occhi puntati ai prossimi step parlamentari, che prevedono innanzitutto la convocazione di una conferenza dei capigruppo lunedì pomeriggio, al Senato, per decidere quando calendarizzare la mozione di sfiducia al Presidente Conte presentata dalla Lega. Perché proprio al Senato? Perché vige la cosiddetta “regola della culla”, ossia in caso di sfiducia al governo, questo si deve presentare nella Camera che per prima ne votò la fiducia iniziale. Palazzo Madama, dunque. In questo caso, c'è il nodo data. Matteo Salvini invoca una rapida convocazione, già all'interno della settimana di Ferragosto (il che in teoria sarebbe possibile, visto che devono trascorrere tre giorni minimo dalla presentazione della mozione di sfiducia). Da più parti, però, si fa notare come servano “tempi tecnici” per far rientrare i senatori dalle ferie, e quindi si cerchia di rosso la data di lunedì 19 e martedì 20. Una volta sfiduciato Conte? Da lì, partiranno le consultazioni al Colle. Ovviamente le ipotesi sul tavolo sono quella di un governo Conte ancora in carica, sfiduciato, per gestire gli affari correnti. Oppure di un governo di minoranza che, sempre previo altro voto parlamentare per la fiducia (che non otterrà) traghetti il Paese alle urne. E' alquanto improbabile che la verifica della formazione di una nuova maggioranza su qualche figura istituzionale (come avvenne occasione del 2018) possa protrarsi a lungo. Quando si vota? Oramai è difficile che avvenga il 13 ottobre, considerando che in quel caso le Camere andrebbero sciolte entro ferragosto. Più probabile una domenica tra il 20 e il 27 ottobre. In questo caso, infatti, lo scioglimento dovrebbe avvenire tra il 22 agosto e fine mese. Nel dibattito attorno alla crisi, poi, pesa un'altra questione, ossia la riduzione del numero dei parlamentari. Mancava un ultimo step, e Di Maio (cui oggi si è aggiunto Casaleggio) ha chiesto di compierlo prima del voto. Tuttavia, questo finirebbe per allungare di molto la partita, dovendo lasciare tre mesi all'interno dei quali potrebbe essere chiesto un referendum confermativo. Dunque, in quel caso, si scavallerebbe sicuramente al 2020, peraltro aprendo ad un destino incerto considerando lo spirito di sopravvivenza dei parlamentari. Altro tema, poi, è quello della manovra. Entro il 15 ottobre il governo deve trasmettere alla Commissione Europea il documento di programma sul bilancio. La manovra, in complesso, va approvata entro il 31 dicembre, altrimenti si finisce in esercizio provvisorio (circostanza accaduta una trentina di volte nella nostra storia repubblicana). Ogni crisi di governo è sempre questione di calendario, ma forse stavolta più delle altre. 

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