Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Salvini apre la crisi di governo: "La maggioranza non c'è. Andiamo al voto"

Matteo Salvini

Il leader della Lega: "Andiamo subito davanti alle Camere e diamo la parola agli elettori"

Carlo Antini
  • a
  • a
  • a

Capolinea gialloverde. Niente rimpasti, niente governi tecnici: per Matteo Salvini si deve andare subito in Parlamento per prendere atto che non c'è più una maggioranza. I tentativi di ricomporre la frattura allargatasi ogni giorno di più tra Lega e M5s e diventata insanabile con il voto sulla Tav, su cui il Carroccio ha aperto la questione politica, sono naufragati. Nel confronto con il premier Conte, a Palazzo Chigi, il Capitano l'ha detto chiaramente: bisogna fare presto, «le vacanze non possono essere una scusa per perdere tempo e i parlamentari, a meno che non vogliano a tutti i costi salvare la poltrona, possono tornare a lavorare la settimana prossima, come fanno milioni di italiani». Ma se proprio si deve andare a casa, Luigi Di Maio lancia un appello a tutte le forze politiche: «Votiamo il taglio di 345 poltrone e poi urne». Inutile, per Salvini, andare avanti a colpi di no e litigi come nelle ultime settimane. E del resto sono settimane che i suoi gli chiedono di staccare la spina a un governo sempre più traballante che rischia di "cannibalizzare" il tesoretto delle Europee. Ma la situazione è precipitata nel corso di pochissimo, nemmeno 36 ore dal voto del Senato sulla Tav al no di Salvini a ogni possibile alternativa. Anche l'ipotesi di rimpasto non è durata fino al tramonto di una giornata lunghissima e stranamente silenziosa per i protagonisti del governo. Silente Salvini, che ha annullato le tappe del "beach tour" confermando solo il comizio serale. Silente Di Maio, che ha cancellato gli impegni istituzionali e incontrato i suoi due capigruppo, Stefano Patuanelli e Francesco D'Uva. Silente Conte, che ha rinviato a chissà quando la conferenza stampa prevista per salutare i giornalisti prima dello stop estivo e di sicuro non ha trascorso ore spensierate nel giorno del suo 55esimo compleanno. Il premier si chiude di buon mattino nel suo studio poi, prima di pranzo, sale al Colle per incontrare il presidente della Repubblica. Nessuna ipotesi di dimissioni in quell'ora di colloquio, Conte spiega però a Mattarella le posizioni dei suoi. Poi, torna a palazzo Chigi. Intanto dal M5s si tenta di arginare la frana avvisando che «chiunque oggi aprisse una crisi di governo, l'8 agosto, si assumerebbe la responsabilità di riportare in Italia un governo tecnico. Sarebbe folle». Ma che l'incontro al Colle non sia bastato a riportare il sereno lo conferma una nota della Lega, che ribadisce «la consapevolezza e la presa d'atto che, dopo le tante cose buone fatte, da troppo tempo su temi fondamentali per il Paese tra Lega e 5stelle ci sono visioni differenti» e il voto sulla Tav ne è solo «l'irrimediabile certificazione». Poi l'avvisaglia: «Mai chiesto né chiederemo poltrone, lontani da qualsiasi ipotesi di rimpasto di governo, l'unica alternativa a questo governo è ridare la parola agli Italiani con nuove elezioni». Il redde rationem arriva nel tardo pomeriggio. Un'ora e mezza di colloquio tra Salvini e il premier senza l'altro vice, Luigi Di Maio, distante dal luogo delle decisioni sul futuro, a pochi metri nella sua stanza. Il cerino del resto è in mano al Capitano ed è lui a decidere di accenderlo. La Lega avrebbe voluto un rimpasto sostanzioso dell'esecutivo per andare avanti, praticamente un "Conte bis". Via i ministri da mesi nel mirino (Toninelli, Grillo e Trenta), via anche il titolare dell'Economia, Giovanni Tria, più volte accusato nelle scorse settimane di ostacolare le intenzioni del Carroccio, a partire dalla flat tax. Ma un cambio radicale della squadra che coinvolge il Mef, peraltro a pochissimo dalla scrittura della manovra economica, non è cosa semplice, richiede quantomeno un passaggio parlamentare. E di "rimpastini" Salvini non ne vuole sentir parlare. «Non vogliamo poltrone o ministri in più, non vogliamo rimpasti o governi tecnici - dice - dopo questo governo,che ha fatto tante cose buone, ci sono solo le elezioni». Al Quirinale sale anche il presidente della Camera, Roberto Fico. Si ragiona sulla possibilità di riaprire il Parlamento per il voto di fiducia al governo, un passaggio chiesto esplicitamente da Salvini e che contemporaneamente consegna nelle sue mani la responsabilità della crisi. Il Capitano preme perché si faccia a ridosso di Ferragosto, si valuta anche la settimana successiva, il 19 e 20, perché nel mezzo c'è la commemorazione delle 43 vittime del crollo di Ponte Morandi a un anno dalla tragedia del 14 agosto 2018. Ma Di Maio rilancia: se si riaprono le Camere, vanno anticipati i tempi sull'ultimo passaggio parlamentare della riforma che taglia gli eletti, «votiamola subito e poi ridiamo la parola agli italiani».

Dai blog