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L'affondo di Conte: "Si deve dimettere". Il sottosegretario ai pm: ascoltatemi subito

Il premier proporrà la revoca della nomina al prossimo Consiglio dei Ministri

Carlo Antini
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«Nel prossimo Consiglio dei Ministri proporrò la revoca dell'incarico al sottosegretario Armando Siri». Il premier Giuseppe Conte scioglie la riserva con una conferenza convocata ad horas sul caso dell'esponente leghista accusato di corruzione, spiegando di assumersi «tutta la responsabilità politica di questa proposta che non comporta che io mi voglia ergere a giudice», ma «valutazioni sono più ampiamente politiche e ricollegate alle responsabilità che mi spettano quale massima autorità di governo». È l'ennesimo pomeriggio convulso per una maggioranza già scossa da liti continue, tra cui l'ultima sulle province che Di Maio aveva definito in mattinata «uno spreco, un amarcord che non vogliamo assolutamente. Chi le vuole ricostruire si trovi un altro alleato». Il vicepremier pentastellato si appresta a registrare un'intervista televisiva, quello del Carroccio è in Ungheria con Orban, quando sui telefonini dei cronisti politici arriva un messaggino che avvisa di un'inattesa conferenza stampa del presidente Conte di lì a mezz'ora. Nessuna indicazione sull'argomento, la mente di tutti corre al caso Siri su cui il premier, dopo l'incontro nella tarda serata di lunedì, si era riservato di prendere una decisione. Poco prima dell'ora X in una nota il sottosegretario ribadisce la propria innocenza con una nota: «Confido che una volta sentito dai magistrati la mia posizione possa essere archiviata in tempi brevi. Ma qualora ciò non dovesse accadere, entro 15 giorni, sarò il primo a voler fare un passo indietro, rimettendo il mio mandato, non perché colpevole, bensì per profondo rispetto del ruolo che ricopro». Parole che non sembrano affatto concordate con l'inquilino di palazzo Chigi. La conferenza slitta di oltre mezz'ora e, quando siede davanti ai giornalisti, Conte usa toni totalmente diversi. «Ho letto una dichiarazione di Siri. Le dimissioni o si danno o non si danno, dimissioni future non hanno molto senso», taglia corto, spiegando che «il procedimento giudiziario avrà il suo corso, la vicenda politica ha altre connotazioni». Insomma, per il premier la strada è chiara: «Il sottosegretario si è prestato a raccogliere l'istanza di un imprenditore che chiedeva l'approvazione di una norma che avrebbe favorito retroattivamente alcune attività concluse. È normale ricevere suggerimenti, ma come Governo abbiamo la responsabilità di discernere e valutare se queste proposte perseguono l'interesse generale o avvantaggiano il tornaconto di singoli». In questo caso «la norma non era generale e astratta, era una sorta di sanatoria, ho quindi valutato la necessità di dimissioni del sottosegretario». E dunque «Siri farà un passo indietro». Conte sa bene che sul caso del sottosegretario si consuma l'ennesimo scontro della sua maggioranza, quello che potrebbe far franare tutto. Ecco perché, dopo aver spiegato la sua decisione, invita «la Lega a considerare che questa decisione non è una condanna: non si lasci guidare da una reazione corporativa» e il M5s «affinché non ne approfitti per cantare una vittoria politica che così impostata finirebbe per calpestare i diritti di una persona». Il messaggio è chiarissimo, bisognerà vedere come verrà raccolto. Salvini da Budapest fa sapere di non aver sentito Conte, ma «qualunque decisione mi va bene se me la spiega e la spiega agli italiani». Mentre il leader M5s assicura che vuole non esultare, perché «non è una vittoria o una sconfitta: sono contento che il governo possa andare avanti e che la questione si chiuda». Nessuna crisi di governo all'orizzonte, «Salvini è una persona di buonsenso», anche se certo «è un problema che poteva risolversi giorni fa con un'iniziativa del singolo». E non rinuncia a far notare che le dimissioni a 15 giorni erano una strada un pò furba«. Quello che è chiaro è che si preannuncia un altro Cdm infuocato. Il preconsiglio - la riunione preparatoria che normalmente precede quella dei ministri - è convocato per il pomeriggio del 7 maggio, la convocazione potrebbe arrivare per l'8 o il 9. Senza un passo indietro di Siri prima della riunione, Conte metterà ai voti la sua proposta. «Spero non ci si arrivi - dice Di Maio - nel caso voteremo a favore e in Cdm abbiamo la maggioranza assoluta».

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