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Anticorruzione, il sì condizionato di Salvini. Ma sul decreto sicurezza sarà fiducia

Cinque Stelle e Lega ai ferri corti. Nervi tesi alla Camera

Carlo Antini
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Un sì, ma condizionato. Il piccolo incidente del governo sul comma Vitiello, meglio conosciuto come "Salva Lega" perché ammorbidisce il reato di peculato per gli amministratori locali, si risolve con la costruzione concordata di una via preferenziale per il ddl anticorruzione. Matteo Salvini accusa il colpo, è costretto ad accettare che il provvedimento bandiera del MoVimento 5stelle, firmato da Alfonso Bonafede, sia approvato con un mese di anticipo, a dicembre 2018 anziché nel gennaio 2019, perché questa volta a rischio è la tenuta del governo. Nella lunga riunione con il premier Giuseppe Conte, consumatasi nella stanza del governo a Montecitorio, Salvini è praticamente accerchiato. I pentastellati, Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro, accusano la Lega di aver fatto "lo sgambetto", la teoria del complotto arriva addirittura a sostenere che sia stato proprio il Carroccio a "suggerire" all'ex 5stelle il testo dell'emendamento incriminato, «troppo simile a quello ritirato in commissione» dai lumbard. Torna sul banco degli imputati Giancarlo Giorgetti, il deus ex machina, il solo ad essere capace di architettare una cosa del genere. Il premier cerca la mediazione e nella stanza poco lontana dall'aula, mentre si attende un'ennesima soluzione alla quasi ennesima 'quasì rottura, irrompe la bocciatura dell'UE alla manovra. Attesa, preannunciata, ma che non può in questo momento sposarsi con una insanabile crisi di governo. Si lavora a come uscire dal gap e alla fine Salvini pretende che il tutto sia fatto nelle regole parlamentari. Per questo si sceglie la via più ovvia: le tre letture e la modifica in Senato dello 'scempiò Vitiello, commentano i pentastellati. Il compromesso si articola su due punti fondamentali: a M5S viene permessa una via preferenziale per portare a casa il provvedimento prima della fine dell'anno e alla Lega viene aperta la strada a una possibile modifica che prevede la non punibilità per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione, in presenza di autodenuncia e collaborazione con l'autorità giudiziaria per individuare gli altri responsabili. Si tratta, mentre gli emendamenti su questo tema (uno a firma di Enrico Costa, Forza Italia) vengono accantonati. Lega e 5stelle sono riusciti a sciogliere il nodo sulla pubblicità dei donatori, in materia di trasparenza dei partiti politici, inserendo sotto la soglia dei 500 euro tutte quelle attività «a contenuto non commerciale, professionale, o di lavoro autonomo di sostegno volontario all'organizzazione e alle iniziative del partito o del movimento politico». Il nervosismo è alle stelle e questo viene certificato dalle sigarette che Salvini fuma nel cortile della Camera. Il vicepremier resta a fare la guardia al fortino, non abbandonando mai l'aula. Controlla ogni voto, anche perché nessuno gli toglie dalla testa che tra i 36 franchi tiratori ci sono anche i dissidenti dei 5stelle, pronti a fare 'lo scherzettò anche sul dl Sicurezza. Per ora Salvini deve però pagare pegno: il decreto slitta, l'approdo in aula è stato deciso per lunedì 26 novembre anziché venerdì 23. Il Capitano non batte ciglio: «Per me l'importante che passi». E lo farà con la fiducia.

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