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Decreto Sicurezza, governo pronto alla fiducia. Si tratta con i dissidenti M5S

Tutto rinviato a domattina. Sarebbe la prima verifica dopo l'insediamento

Daniele Di Mario
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Nuova tensione sul decreto sicurezza, nel primo giorno di esame in aula del Senato. Mentre tutti si aspettavano che il governo ponesse la questione della fiducia, come fatto trapelare da fonti governative di Lega e M5S in mattinata, al termine della discussione generale, il relatore di maggioranza, il leghista, Stefano Borghesi, ha chiesto a sorpresa di «posticipare a domani le repliche» per un «ulteriore approfondimento, alla luce anche di tutti gli interventi». La proposta, che ha scatenato la protesta delle opposizioni - Pd, Leu e Forza Italia - è stata votata e approvata e i lavori riprenderanno domani mattina alle 9:30. Il governo, che sarebbe comunque orientato a porre la fiducia sul provvedimento per superare lo scoglio della contrarietà di almeno quattro dissidenti 5 Stelle, vuole prendersi ancora tempo. La necessità, ha spiegato il capo politico dei pentastellati, Luigi Di Maio, è quella di fare una «ricognizione della fiducia». Fonti della maggioranza spiegano che è stato decisa una frenata per dare un segnale di ammorbidimento ai dissidenti nella speranza che qualcuno di loro possa cambiare idea e non esca dall'aula durante il voto di fiducia, come sembra intenzionato a fare il gruppetto dei ribelli. O comunque non irritare altri malpancisti che potrebbero seguirli, infastiditi dalla prova di forza della fiducia. Se il governo, domani ponesse la questione della fiducia, sarebbe la prima volta, dopo il voto del 6 giugno al Senato: allora, al suo insediamento, votarono a favore del governo Conte 171 senatori, la maggioranza M5s-Lega, ovvero 167, più due eletti all'estero e due ex pentastellati. La maggioranza al Senato è di 161, e anche se i quattro dissidenti domani non partecipassero al voto, non vi sono sarebbero rischi seri. Ma comunque si tratta di numeri risicati. Intanto, il governo sarebbe al lavoro su un maxiemendamento al disegno di legge di conversione del decreto, su cui porre la fiducia, e che, a parte piccole limature, dovrebbe ricalcare sostanzialmente il testo uscito dalle commissioni. Nel MoVimento 5 Stelle si stanno valutando le conseguenze di una eventuale non partecipazione al voto dei quattro senatori ribelli, ovvero Paola Nugnes, Gregorio De Falco, Matteo Mantero e Elena Fattori.

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