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Il Pd in piazza finge di essere ancora vivo

Dario Martini
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Nell'ottobre del 2016, per dire sì al referendum, la manifestazione del Pd a piazza del Popolo fu un tremendo flop. Renzi e compagni riuscirono a riempirla solo a metà. Le foto aeree, con il palco spostato in avanti per coprire gli spazi vuoti, furono impietose. Sono passati due anni, la piazza non è cambiata e il rischio è sempre lo stesso: un'altra figuraccia. Ecco perché gli organizzatori stavolta hanno deciso di fare le cose in grande. Hanno messo in campo 200 pullman e 6 treni per convincere più gente possibile a non staccare la spina ad un partito ormai moribondo. Il Pd si presenta oggi, alle 14, a piazza del Popolo, a Roma, nelle condizioni di salute peggiori di sempre. I dirigenti, a partire dal segretario Maurizio Martina, sperano che sia l'occasione per dimostrare di essere ancora vivi. Non sarà facile. Il 4 marzo, con il 18,7% dei voti alle elezioni, i Dem hanno toccato il fondo. Le feste dell'Unità di questa estate sono andate quasi tutte deserte. Manca un progetto chiaro e alternativo al governo giallo-verde. Le parole d'ordine e gli slogan, però, non sono cambiati, nonostante gli elettori abbiano dimostrato di non gradire. Insomma, anche oggi verrà propinato il solito mantra: «resistenza», «fronte repubblicano», «ritorno del fascismo», «pericolo razzismo» e «allarme democratico». Ma soprattutto il Pd è ancora il partito del tutti contro tutti, diviso in fazioni pronte a scannarsi e senza un leader riconosciuto. Il povero Martina recentemente ha dovuto subire pure lo smacco di non essere invitato a una cena a casa di Calenda (i partecipanti, ovviamente, hanno dato tutti buca) per decidere le sorti del partito. Intanto, i renziani preparano le barricate per non venire defenestrati. Il presidente Dem, Matteo Orfini, tiene comizi davanti a poche decine di militanti e, allo stesso tempo, propone di «sciogliere» il partito per farne uno nuovo di zecca, sperando così che gli elettori non se ne accorgano. L'ex ministro allo Sviluppo è ancora più duro: «Il prossimo segretario deve essere uno psichiatra». Quello in carica, intanto, è sempre più scoraggiato. Non può fare altro che esortare i compagni ad essere «più generosi e meno arroganti». In una situazione di questo tipo non resta che prendersela con l'esecutivo giallo-verde. «Di fronte all'irresponsabilità di questo governo non possiamo non alzare la voce - dice Martina - Vorrei un governo che si rendesse conto delle scelte che compie. Non possiamo non scendere in piazza davanti a chi sta mettendo il Paese a rischio». Sul palco di piazza del Popolo dovrebbero salire anche Renzi (ha invitato i militanti alla «resistenza civile») e Nicola Zingaretti. Il governatore del Lazio al momento è l'unico ad aver annunciato la candidatura alle primarie. Ci sarà anche Calenda, il quale insiste nel fare tabula rasa: «Il partito va superato. Deve partecipare alla costruzione di un fronte progressista molto ampio in vista delle elezioni europee. A capo di questo fronte deve esserci Paolo Gentiloni». Più che un nuovo percorso sembra il gioco delle tre carte: si cambia nome al partito, si chiede a qualche forza marginale di allearsi e si sceglie come capo l'ultimo compagno che ha fatto il presidente del Consiglio. Quella di oggi sarà anche l'occasione per lanciare il progetto «Pd in ascolto», con la distribuzione di un questionario sull'Italia (che verrà compilato già sui pullman dei manifestanti) con l'assistenza di 50 giovani muniti di appositi iPad. Il materiale raccolto verrà rielaborato e sarà parte del Forum nazionale previsto a Milano a fine ottobre. L'idea è quella di aprirsi alla società civile, per cercare di rimediare agli errori del passato che hanno portato i politici del Nazareno ad essere identificati con il "Palazzo" arroccato su se stesso. Il Pd ha invitato anche le associazioni sociali più importanti: come l'Arci e l'Acli. Non potevano mancare i partigiani. L'Anpi leggerà un messaggio in piazza. Facile prevedere chi sarà il bersaglio.

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