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Ius Soli, Dem in pressing su Mattarella. Ma il tempo è scaduto

Silvia Sfregola
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La minoranza Pd tenta il pressing sullo Ius soli, ma il sipario calato lo scorso sabato 23 dicembre sulla legge di cittadinanza - fermata dalla mancanza del numero legale in Senato - "non si riaprirà, non ci saranno bis". I numeri per portare a casa il provvedimento, infatti, spiegano i renziani, non ci sono e ogni appello "pur nobile è purtroppo inutile". Sia pur con rammarico anche Paolo Gentiloni domani, con ogni probabilità, prenderà atto - nel corso della conferenza stampa di fine anno - dell'impossibilità di andare avanti, nonostante l'impegno preso, non essendoci i voti per rischiare la fiducia. Eppure all'interno del Partito democratico c'è chi non si arrende. Continua la sua battaglia, ad esempio, Luigi Manconi: "Ma chi l'ha detto, che si debba votare il 4 marzo? E chi ha stabilito che le Camere si sciolgano tra 24 o, al più, 48 ore?", dice rivolgendosi direttamente al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Per il presidente della commissione Diritti umani del Senato "il tempo c'è. Basta volerlo. Basterebbe prolungare la legislatura di un paio di settimane e prevedere il voto - che so? - per il 18 marzo", azzarda. "Dovremmo tutti unire la nostra voce per chiedere al presidente della Repubblica di posticipare di qualche giorno lo scioglimento delle Camere e di consentire al Senato di discutere lo ius soli", gli fa eco Roberto Cociancich, responsabile nazionale del dipartimento Cooperazione Internazionale del Pd. Gianni Cuperlo chiama in causa Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. "Non può e non deve finire così. Quegli scranni vuoti al Senato nell'ultimo giorno utile, la fuga dei senatori 5 Stelle, quel brindisi leghista, il dispiacere profondo per quelle assenze di parlamentari del Pd, sono una immagine da cancellare. Per la loro sensibilità a questa battaglia io dico che adesso è il momento giusto perché il capo del Governo e il segretario del Partito Democratico chiedano al presidente Mattarella di prolungare la legislatura di pochi giorni", dice. Il Capo dello Stato, pur essendo interpellato a più riprese, non intende entrare in una partita che ritiene tutta parlamentare: "Gli appelli vanno fatti ai segretari dei partiti", è la linea del Colle. Per Mattarella ogni decisione - viene spiegato - spetta alle Camere, perché è da lì che devono venire eventuali segnali (che ad ora non ci sono) di una volontà maggioritaria di approvare la legge sulla cittadinanza. 

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