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Renzi e Berlusconi restano divisi sulla legge elettorale

Carlantonio Solimene
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In campo di nuovo, con due interviste per analizzare l'esito del referendum e prefigurare gli scenari futuri, con vista sulle urne. Matteo Renzi e Silvio Berlusconi hanno scelto la stessa domenica per tornare sotto le luci della ribalta, con due lunghe interviste concesse rispettivamente a Repubblica e Corriere della Sera.  Il segretario del Pd si è concesso ad una lunga analisi dei fatti che hanno portato alla sconfitta referendaria dello scorso 4 dicembre. Al di là della sbandierata volontà di autocritica, però, di vere e proprie ammissioni di colpe ce ne sono ben poche. Renzi difende il suo operato su economia, riforme e anche sulla fallimentare gestione della Rai. Se di responsabilità si deve parlare, l'ex premier se ne assume solo dal punto di vista della comunicazione impegnandosi per il futuro a seguire lo slogan "meno cuore più slide". Sul fronte delle urne, Renzi spiega di non avere fretta ma fa capire di non voler ripetere lo scenario del 2013, "quando il Pd pagò la sua troppa responsabilità nei confronti del Paese" per aver sostenuto il governo Monti. E sulla legge elettorale l'ex premier ribadisce la sua preferenza per un sistema maggioritario: "Il ballottaggio è il modo migliore per evitare inciuci, governissimi, larghe intese tra noi e Forza Italia che non servono al Paese e aprono un'autostrada ai grillini". "Ballottaggio - ribadisce - o se no Mattarellum. Se poi dalla Corte verrà fuori un sistema diverso ci confronteremo con gli altri. Col maggioritario il PD è il fulcro di un sistema simile alla democrazia americana. Con il proporzionale torniamo a un sistema più simile alla democrazia cristiana". E' proprio sulla legge elettorale che si riscontra la maggiore distanza con Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia, al Corriere, spiega che «quando chiedo il sistema proporzionale, non lo chiedo affatto per fare le larghe intese. Io voglio vincere le prossime elezioni con il centrodestra, che mi auguro unito su un progetto liberale e riformatore». «Dico però - sottolinea - che l'Italia è troppo fragile per permettersi governi espressione di una minoranza di elettori, e nei quali il resto del Paese non si riconosce. Oggi in Italia esistono tre grandi aree: noi, il Pd e i grillini, molto simili per consistenza numerica. Nessuno di questi tre poli allo stato sembra in grado di governare da solo». «Se gli italiani non daranno più del 50% a un solo polo, sarà inevitabile accordarsi. Ma - sottolinea Berlusconi - non è certo il nostro obbiettivo. Noi vogliano vincere da soli con il 51% e consideriamo un accordo con altre forze una soluzione residuale". Dopo aver ribadito la volontà di candidarsi in prima persona - Corte di Strasburgo permettendo - il Cavaliere sembra tracciare un distinguo netto tra la sua idea di centrodestra e quella di Salvini e Meloni. "La Lega fa benissimo a esprimere ragioni e contenuti importanti e rispettabili, ma noi siamo liberali, cattolici, riformatori, e sulla base di questi valori vogliamo tornare al governo del Paese. Non nego che con la Lega di Bossi questo fosse più facile, perché allora nella Lega prevalevano liberismo e federalismo. Io credo nell'unità del centrodestra, naturalmente, ma - conclude Berlusconi - l'unità è un valore se si basa su un progetto comune, non su un semplice tecnicismo elettorale».

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