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Napolitano, elezioni anticipate patologia italiana

Festa della Repubblica - Parata Militare

Il Presidente della Repubblica risponde a Bertinotti con una lettera sul Corriere, ribadisce la libertà di Parlamento di votare la sfiducia al governo Letta ma avverte: provocherebbe «destabilizzazione e incertezza»

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«Considero il frequente e facile ricorso a elezioni politiche anticipate come una delle più dannose patologie italiane». Lo scrive il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in una lettera al «Corriere della Sera». Napolitano afferma che «dovette penare» per evitare lo scioglimento delle Camere nel novembre 2011 e nella primavera 2013. Il Presidente della Repubblica, rispondendo a una lettera aperta di Bertinotti, scrive di non poter certo «congelare» né «blindare» «un Governo ancora fresco di nomina». Sono entrambi termini - avverte il capo dello Stato - «di fantasia o di polemica a effetto». Napolitano continua: «C'è bisogno di ricordare l'insuccesso del tentativo di Bersani, che ebbe da me, dopo le elezioni di febbraio, l'incarico, senza alcun vincolo o limite, di esplorare la possibilità di una maggioranza parlamentare diversa da quella che è stata poi posta a base del Governo Letta? E i successivi e più recenti sviluppi politici hanno forse fatto delineare quella possibilità di cui Bersani dovette registrare l'insussistenza? Comunque nessun «congelamento» ovvero «impedimento» - parole grosse - «alla libera dialettica democratica». Il Parlamento è libero, in ogni momento, di votare la sfiducia al Governo Letta. Ma il Presidente della Repubblica ha il dovere di mettere in guardia il Paese e le forze politiche rispetto ai rischi e contraccolpi assai gravi, in primo luogo sotto il profilo economico e sociale, che un«ulteriore destabilizzazione e incertezza del quadro politico-istituzionale comporterebbe per l'Italia. So bene che "in caso di crisi", resta "il ricorso al voto popolare" e che da qualche parte si confida nella possibilità "di dare vita" così "a un'alternativa di Governo". Ma di azzardi la democrazia italiana ne ha vissuti già troppi. Dovetti io stesso sciogliere le Camere nel febbraio 2008, prendendo atto dello sfaldamento di una maggioranza che si presumeva "omogenea" e dell'inesistenza, allo stato, di una diversa maggioranza di Governo».

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