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Gianni Di Capua L'emergenza carceri è «una vergogna per l'Italia», e la giustizia è segnata dal «triste primato delle prescrizioni» dei processi, circa 130mila nel 2012.

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Aparlare di carceri e prescrizione è, in primis, Giovanni Canzio, alla guida della Corte d'Appello di Milano. Alla presenza del premier Mario Monti, Canzio ha anche affrontato il nodo irrisolto del carcere per i giornalisti. «Si condivide il disagio di fronte al ricorso alla pena detentiva nel delicato settore dell'informazione - le sue parole - la cui libertà potrebbe risultare pesantemente condizionata». «Si esige, d'altra parte - ha sottolineato Canzio - un serio spettro di soluzioni alternative, di tipo pecuniario e interdettivo, che non si risolvano, di fatto, nella sostanziale impunità di condotte gravemente e ingiustificatamente aggressive dei valori dell'onore e della reputazione, pure costituzionalmente garantiti». A Roma, poi, si chiede a gran voce di rispettare il dovere di «riserbo» che caratterizza la funzione del magistrato. «Non mi piacciono i magistrati che non si accontentano di fare bene il loro lavoro, ma si propongono di redimere il mondo - ha voluto rimarcare il presidente della Corte d'appello di Roma, Giorgio Santacroce - quei magistrati (pochissimi per fortuna) che sono convinti che la spada dalla Giustizia sia sempre senza fodero, pronta a colpire o raddrizzare le schiene. Dicono di essere impegnati ad applicare la legge senza guardare in faccia nessuno ma intanto parlano molto di sè e del loro operato anche fuori dalle aule giudiziarie, esponendosi mediaticamente senza rendersi conto che per dimostrare quell'imparzialità che è la sola nostra divisa non bastano frasi a effetto, intrise di una retorica all'acqua di rose». Concetto rafforzato dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Perugia Giovanni Galati, per il quale «la magistratura non ha bisogno di pseudo rivoluzionari o di novelli partigiani, ma di persone che svolgano il proprio lavoro». A Napoli, invece, si delinea un'emergenza criminale in crescita. La ripresa degli omicidi, senza includere la recente guerra di Scampia, segna un 18% in più rispetto al 2011. E nella criminalità organizzata, osserva Antonio Buonajuto, presidente della Corte d'appello del capoluogo campano, si affaccia sempre più la «camorra rosa». «Le donne delle famiglie - spiega Buonajuto - senza alcuna remora e imponendo un'ormai raggiunta parità di genere, assumono il comando dei clan e assicurano la continuità dell'impresa familiare alimentandone ogni potenzialità criminale». Di mafia si parla anche a Palermo, dove il presidente della Corte d'appello Vincenzo Olivieri, spiega che «la prassi della violenza omicidiaria sembra per il momento accantonata dai boss», ma è «presente sul territorio» il «pericoloso latitante Matteo Messina Denaro». Lo stesso tema è stato toccato dal procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli: «Tutti, politici, amministratori, società civile e magistrati - ha detto Caselli - hanno l'obbligo di moltiplicare l'impegno, di respingere con forza e con sdegno ogni tentazione, che a volte va serpeggiando, di sottovalutare le penetrazione delle mafie al nord».

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