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Il Prof ha colto l'occasione E tra gli spiazzati c'è Bersani

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L'occasione offerta a Mario Monti dalle elezioni anticipate non è stata dunque sprecata, diversamente da quanto è capitato alla legislatura appena conclusa: quella delle mancate riforme lamentate con amara rassegnazione daI  capo dello Stato prima di sciogliere le Camere. Il presidente dimissionario del Consiglio ha raccolto le sollecitazioni esplicite e, ancora più numerose e forti, le attese silenziose di tanti moderati, o come altro si preferisce chiamarli, insofferenti all'idea o di disertare le urne, come hanno già cominciato a fare a livello locale negli ultimi tempi, diventando nelle recenti elezioni regionali siciliane addirittura il vero partito di maggioranza, o di andare a votare turandosi il naso. Come a metà degli anni Settanta la buonanima di Indro Montanelli esortava i suoi lettori a fare a favore della Dc. I cui dirigenti in pubblico se ne lamentavano, ma in privato lo ringraziavano per lo scampato pericolo del sorpasso ad opera di quella potente macchina organizzativa ed elettorale che era il Pci. Ne fui spesso divertito testimone. Scomparsa ormai la Dc per un suicidio non se più provocato o assistito dai magistrati di Tangentopoli, nei tempi nuovi della cosiddetta seconda Repubblica, peraltro già declinante dopo meno di vent'anni verso la terza per i limiti dimostrati, chi più e chi meno, da tutte le forze che ne sono state protagoniste, sul voto dei moderati con il naso turato hanno scommesso più partiti. Lo hanno fatto Forza Italia prima e il Pdl poi per evitare che a vincere le elezioni fossero i post-comunisti del Pds e successive edizioni, compreso il Pd. Ma anche quest'ultimo si accingeva in questo turno anticipato di elezioni ad attingere in questo serbatoio grazie allo spazio guadagnatosi al suo interno, nelle primarie, da un giovane e autentico riformatore come Matteo Renzi. Col naso turato infine vota da qualche tempo e si accingeva a rivotare anche questa volta per il centrino, più che per il centro, di Pier Ferdinando Casini e amici più o meno sparsi una quantità modesta ma ugualmente significativa di moderati solo per sfuggire sia ad una scelta a destra sia ad una scelta a sinistra. Tutto questo è destinato a cambiare con il passaggio di Monti, avvenuto ieri nella conferenza stampa di fine anno, dallo scenario del governo tecnico ormai dimissionario, spinto imprudentemente fuori campo in anticipo dal Pdl con l'annuncio del ritiro della fiducia in Parlamento, a quello politico. Dove il presidente del Consiglio è approdato proponendosi a partiti ed elettori con la sua «agenda» programmatica, fatta di «contenuti», come egli stesso ha voluto precisare usando la felice formula di un protagonista della prima Repubblica che lui ben conobbe, e per il quale credo che avesse anche votato: il repubblicano Ugo La Malfa. Anche se ieri egli ha preferito ricordare e citare solo il democristiano Alcide De Gasperi, alle cui difficoltà incontrate alla Conferenza di Pace a Parigi, nel 1946, ha paragonato le sue nei vertici europei cui gli toccò di partecipare dopo essere subentrato a Silvio Berlusconi alla guida del governo, l'anno scorso, in piena tempesta finanziaria. zSento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me», disse allora De Gasperi ai vincitori della seconda guerra mondiale. Fra i sorpresi dall'annuncio fatto da Monti della sua disponibilità anche a «guidare» una coalizione politica ed elettorale prodotta da «convinte e credibili adesioni» a quello che possiamo pur definire il suo programma di governo riformatore, c'è probabilmente pure Eugenio Scalfari. Del quale proprio ieri mattina «La Repubblica» aveva pubblicato il testo, se non di un'intervista, di una lunga e recentissima chiacchierata a Palazzo Chigi con il vecchio amico Monti, conclusasi con un abbraccio davanti all'ascensore. Ma soprattutto con la sensazione di una propensione al disimpegno elettorale del presidente del Consiglio intravista da Scalfari, con evidente compiacimento, in queste testuali parole di Monti: «Dentro di me qualcosa mi dice di no... Alcune ferite elettorali possono essere inflitte da una parte e dall'altra... Ci dormo sopra... So che Napolitano mi preferirebbe in panchina... Vedrò. Buon Natale». Non so quanto Monti ci abbia dormito sopra: una, due o più notti. Gli hanno portato comunque consiglio. Ed hanno riaperto i giochi elettorali e politici, con le risentite e prevedibili reazioni di Berlusconi e le più contenute ma non minori preoccupazioni di Pier Luigi Bersani. L'uno e l'altro accomunati dal timore di perdere uomini e voti a vantaggio di un centro rianimato dalla partecipazione di Monti. Con una differenza però fra i due. Il primo ha voluto in qualche modo ritagliarsi da solo un ruolo di opposizione nella nuova legislatura, viste le distanze che ha preso dalle posizioni di Monti su euro e fisco, mentre il secondo potrebbe diventargli alleato se un mancato e pieno successo elettorale, anche al Senato e non solo alla Camera, dovesse azzopparlo. E moltiplicargli le difficoltà già procurategli dall'alleanza che ha voluto frettolosamente stringere con Nichi Vendola. Della cui compatibilità con gli impegni europei dell'Italia neppure Scalfari, in uno slancio volenteroso di consigliere, è riuscito a convincere il presidente del Consiglio nel suo, tutto sommato, sfortunato colloquio. Sospetto che a indurre Monti, fortunatamente, a deludere le attese di chi lo voleva e immaginava già «in panchina», per ripetere le sue parole, siano state anche certe «intimidazioni» mediatiche da lui stesso lamentate rispondendo alle domande dei giornalisti. Come il tentativo «ridicolo» - lo ha definito - cui si è prestato «Il Fatto» di attribuirgli un conto svizzero, segreto e illegale, di 11 milioni di euro. Non sono nuovi certi metodi deplorevoli di lotta politica camuffata da uno scoop giornalistico, basato stavolta su fonti rigorosamente anonime, raccolte in un contesto colorito di deputati in ritorno convulso e forse definitivo a casa. E magari anche nella speranza di trovare le solite, compiacenti sponde giudiziarie per il rilancio di sospetti e insinuazioni, non mancando notoriamente magistrati tentati dalla politica anche con queste scorciatoie. Questi metodi però hanno trovato ieri pane per i loro denti. Il pane di un uomo tranquillo ed onesto. All'occorrenza, tagliente come una lama. È l'unica rivincita, questa, che si può prendere Berlusconi contro il linciaggio mediatico e giudiziario - bisogna riconoscerlo - condotto a lungo contro di lui.

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