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L'audience premia il Prof, il Cav insegue

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I leader delle tre coalizioni principali si sono sfidati a distanza a Otto e mezzo Monti fa il razionale, Bersani gioca in difesa, Silvio paga la concorrenza del calcio

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SuLa7, da Lilli Gruber, a Otto e mezzo, in tre giorni, da venerdì 4 a martedì 8 gennaio son passati i tre principali leader delle coalizioni in campo: Monti, il centro; Bersani, il centrosinistra e Berlusconi, il centrodestra. Chi l'ha spuntata? Stando all'Auditel, misurazione statistica del gradimento del pubblico davanti al piccolo schermo, Monti risulta in testa con 2 milioni e 411.714 spettatori e l'8,68% di share, seguito da Bersani, con 2 milioni e 398.754 spettatori e l'8,06% di share e da Berlusconi con 1 milione e 967.935 spettatori e il 6,48% di share. Messa così, il Cavaliere sembrerebbe sotto anche nel gradimento dei telespettatori ma la televisione mai prevedibile, come la politica del resto, risulta meno superficiale rispetto all'apparenza che offre di sé. Sì, perché nella diretta di Berlusconi, ospite della Gruber martedì sera, hanno pesato almeno quattro fattori, tutti relativi più al mezzo che al leader in campo. Il primo; la quasi concomitanza di un programma top, nella fascia dei talk show, come Ballarò, su Rai 3, cominciato poco dopo le 21 mentre Otto e mezzo era ancora in onda. Nel raffronto con i due giorni di Monti e Bersani si può infatti vedere che Rai 3 sta assai sotto il 14,93% di share realizzato da Ballarò: al 4,57% di share lunedì, nel giorno di Bersani e al 6,86% venerdì, la serata di Monti. Secondo, il calo del Telegiornale di Enrico Mentana che nei giorni di venerdì (Monti ospite della Gruber) e lunedì (Bersani ad Otto e mezzo) ha raggiunto o superato l'8% di share mentre martedì, il giorno del Cav dalla Gruber, si è fermato a 7,64%. Terzo, la diretta su Rai 2 della partita di Coppa Italia, Lazio-Catania, che nella percezione del pubblico agonista e sportivo che segue Berlusconi può aver inciso, seppur in maniera lieve. Quarto e ultimo, la durata: la puntata con ospite Silvio Berlusconi è quella, della tre, che è durata di più in assoluto: un'ora e 2 minuti mentre Monti si è fermato a 57 minuti e 46 secondi e Bersani a poco meno di 47 minuti. E poiché, in tv, niente è certo, neppure che lo sforamento di durata allunghi l'ascolto, ecco che nella vittoria montiana pesano le caratteristiche e il contesto del mezzo. Una cosa comunque resta abbastanza tangibile: Monti sta cominciando a costruire un proprio immaginario narrativo, basato più sulla ragione che sull'emozione. Berlusconi, dal canto suo, avvezzo allo spartito del pentagramma televisivo è invece concentrato sul recupero dell'emozionalità, della carne e del sangue del proprio elettorato che lo vuole gladiatore in tempi di crisi e disincanto. Bersani appare invece il leader meno in movimento (parliamo a livello mediale), quasi rassicurato nella protezione del vantaggio che gli consegnano i sondaggi rispetto alle altre coalizioni. Un errore, perché conservare il Potere prima di averlo conquistato, Machiavelli docet, significa compiere un'azione virtuale e per nulla certa nei propri fini. Tanto più che la televisione, per il tipo di campione vasto che l'auditel offre - il sistema di rilevazione si avvale della collaborazione di 5.163 famiglie e oltre 9.500 rilevatori meter, attivi su altrettanti televisori, che «fotografano» le scelte di circa 14.000 individui in ogni momento della giornata - non lo offre nessun altro sondaggio. Anche per questo nella sfida tra i tre tenori della campagna elettorale, la tv rappresenterà un giudice attendibile. Non esaustivo ma niente - si sa - è per sempre. Neppure il consenso.

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