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Il 2012 è stato un anno da cestinare non solo per la crisi del debito, la corsa degli spread, le tasse e le manovre draconiane sui conti pubblici.

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Nonè ancora allarme inflazione, ma secondo i dati preliminari dell'Istat, la media dei dodici mesi appena chiusi è stata pari al 3%, due decimi di punto in più rispetto al 2,8% registrato per il 2011. Il risultato è il più alto dal 2008. A farne le spese sono state soprattutto le famiglie visto che sono aumentati i prezzi del «carrello della spesa» meno pieno e soprattutto più salato. Nell'anno che si è appena concluso è arrivato al 4,3% dal 3,5% del 2011. Più contenuta, ha spiegato l'Istituto di statistica, è stata l'accelerazione della crescita dei prezzi dei prodotti a media frequenza di acquisto che sono aumentati del 2,8%, rispetto al 2,6% dell'anno precedente. Per contro, il tasso di incremento medio annuo dei prezzi dei prodotti a bassa frequenza di acquisto è sceso all'1,2%, dall'1,5% del 2011. Secondo il Codacons l'aumento dell'inflazione ha determinato una stangata da 1.048 euro per una famiglia di tre persone e di 1.155 euro per un nucleo di quattro. Secondo l'associazione dei consumatori con un carrello della spesa che sale del 4,3% gli acquisti di tutti i giorni aumentano, per un pensionato che vive da solo, di 362 euro. Per l'Ufficio Studi di Confcommercio i dati confermano la tendenza al ridimensionamento del tasso d'inflazione, «passato in pochi mesi dal 3,2% al 2,4% di dicembre, con una dinamica che potrebbe portare temporaneamente, nei prossimi mesi, il tasso di crescita dei prezzi al consumo al di sotto del 2%, a meno di nuovi interventi sul fronte fiscale, per adesso collocati a luglio con il previsto ulteriore incremento dell'aliquota standard dell'Iva». «C'è un clima negativo - ha invece affermato la Confesercenti - che rischia di proseguire anche nei prossimi mesi, se non si punterà con decisione su una politica economica di crescita e sul ritorno ad un indispensabile clima di fiducia». Per far tornare i conti del bilancio familiare, secondo un'analisi della Coldiretti/Swg, sei italiani su dieci (61%) hanno diminuito la spesa, mentre un 6% non riesce ad arrivare a fine mese. Secondo lo studio il 62% degli italiani cerca offerte speciali più che in passato mentre circa la metà (49%) fa la spola tra diversi negozi per confrontare i prezzi più convenienti. In Europa la situazione è decisamente migliore. L'inflazione è stabile in dicembre nell'Eurozona: secondo la stima «flash» di Eurostat, il dato annuale è rimasto pari al 2,2%. In particolare, secondo la prima stima dell'Istituto statistico Ue, l'aumento dei prezzi resta elevato ma si è ridotto nel settore dell'energia (5,2% contro il precedente 5,7%) mentre alimentazione, bevande e tabacco sono aumentati in dicembre del 3,1% (3% in novembre), i servizi dell'1,8% (1,6% in novembre) e i beni industriali esclusa l'energia dell'1,1%, come nel mese precedente. Tra le cause che hanno determinato gli incrementi di prezzo negli scaffali dei supermercati c'è indubbiamente il continuo rincorrersi di aumenti delle tariffe dei servizi e dell'Iva. Le aziende, hanno risposto inizialmente alla crisi con la compressione dei margini di ricavo sui prodotti. I prezzi cioè sono rimasti stabili e l'aumento dei costi di produzione è stato bilanciato dall'erosione dei profitti. Questo fino a che è stato possibile. Aumentare i listini nei momenti più acuti della crisi non è consigliato perché scoraggia i pochi acquirenti motivati all'acquisto. Una politica del genere non è però sostenibile nel lungo termine se i costi per i servizi utilizzati nella produzione continuano a crescere. Questo è quanto accaduto nell'anno appena sepolto. Si tratta di un'inflazione da costi e non da domanda. Anche quest'ultima deleteria sui redditi fissi come pensioni e salari, ma comunque legata a una circolazione monetaria ridondante e dunque con consumatori che comprano con i portafogli ben stipati di cartamoneta.

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