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Sono un po' come le nuvole cantate da Fabrizio De Andrè.

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Vanno,vengono e, soprattutto, ritornano. Non sempre, ma abbastanza spesso per scatenare la giusta dose di polemiche. Sono i magistrati prestati alla politica o, come direbbe qualcuno, i politici prestati alla magistratura. Toghe che scendono, o salgono, dalle aule dei tribunali a quelle parlamentari. Questione di punti di punti di vista. Non è una novità, ma nelle ultime settimane il fenomeno ha subito una rapida impennata. Ha aperto le danze Antonio Ingroia, ex procuratore aggiunto di Palermo, simbolo delle indagini sulla presunta trattativa Stato-mafia e del conflitto tra i magistrati siciliani e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Dopo una rapidissima apparizione in Guatemala dove, su incarico dell'Onu, doveva dirigere un'unità di investigazione per la lotta al narcotraffico, Ingroia ha rifatto le valigie e ha inviato una lettera al Csm: richiesta d'aspettativa per motivi elettorali. Tanti saluti al Guatemala, meglio il Movimento Arancione di Luigi De Magistris. Altro magistrato che si è tolto la toga per dedicarsi alla politica e diventare sindaco di Napoli (ma lui a differenza di Ingroia si è dimesso). Antonio, in realtà, non ha ancora sciolto la riserva sulla propria candidatura, ma poco importa. Dovesse ripensarci potrà tornare al suo vecchio impiego. Chi non ci tornerà, invece, è Piero Grasso. Ieri, infatti, anche il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha annunciato la sua «discesa-salita» in campo. Per lui è pronto un posto nel listino di personalità della società civile che Pier Luigi Bersani candiderà alle prossime elezioni. Oggi, come nella migliore tradizione del calciomercato, il «nuovo acquisto» verrà presentato in una conferenza stampa con il segretario del Pd. Il prossimo 7 gennaio il Csm si esprimerà sulla richiesta d'aspettativa, ma Grasso avrebbe già presentato contestualmente anche le dimissioni, irrevocabili, dalla magistratura. Per lui nessun ritorno al passato. Aperta la «caccia alla toga» anche Mario Monti, ovviamente, si è subito attivato. La sua lista (ma potrebbero essercene più d'una) sono ancora in fase di formazione. I candidati, però, cominciano ad arrivare. E dopo Pietro Ichino ecco Stefano Dambruoso, ex pm antiterrorismo, responsabile giustizia di ItaliaFutura. Anche per lui richiesta di aspettativa al Csm. «Un magistrato - è il suo commento intervistato dall'Adnkronos - può dare un contributo, soprattutto in un momento in cui etica e moralità sono ritornelli abbastanza diffusi e frequenti. E poi il cambiamento passa anche e soprattutto per l'impegno personale». Sarà forse per questo che la lista di magistrati che in questi anni hanno esordito in politica è piuttosto nutrita. Ricercando sui siti di Camera e Senato si scopre che, nella legislatura che si sta avviando a conclusione, erano ben 17. Sette a Montecitorio: i Democratici Donatella Ferranti, Doris Lo Moro e Lanfranco Tenaglia, Daniela Melchiorre (Liberal Democratici-Maie), i deputati Pdl Franco Frattini, Alfredo Mantovano e Alfonso Papa. Dieci, invece, a Palazzo Madama: nel Pd Gianrico Carofiglio, Felice Casson, Gerardo D'Ambrosio (dimesso dalla magistratura), Silvia Della Monica, Anna Finocchiaro (dimessa), Alberto Maritati, Roberto Centaro di Coesione Nazionale, Giacomo Caliendo, Pasquale Giuliano e Francesco Nitto Palma del Pdl. Ma la storia ci consegna, tra gli altri, anche i nomi di Antonio Di Pietro (dimesso), Luciano Violante (dimesso) e dei defunti Oscar Luigi Scalfaro e Claudio Vitalone. Senza dimenticare il sindaco di Bari Michele Emiliano. Alcuni di loro, iniziata la carriere politica, non sono più tornati indietro. Altri, invece, hanno preferito indossare nuovamente la toga. È il caso di Giuseppe Narducci che, dopo una fugace apparizione da assessore nella giunta De Magistris, ha lasciato per ricomparire come pm a Perugia. Vanno, vengono, a volte ritornano.

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