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di Francesco Perfetti A una manciata di settimane, poco più di due mesi, dal previsto appuntamento elettorale la confusione regna sovrana.

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Ildisegno, infatti, di Berlusconi è quello - grazie a un sistema elettorale che nessuno, a destra e a sinistra (malgrado le dichiarazioni pubbliche in contrario), ha voluto modificare - di far sì che la coalizione di centro-sinistra, probabile vincitrice alla Camera grazie al premio di maggioranza, non riesca a ottenere i numeri sufficienti per affermarsi al Senato. È superfluo sottolineare che la legislatura risulterebbe, in tale ipotesi, condannata non già soltanto a una vita stentata quanto piuttosto a una prematura e certa estinzione. Per carità, non c'è nulla di sconvolgente in tutto ciò, in questa strategia. È il risultato dei giochi della politica, intesa non nell'accezione più nobile di arte o tecnica per il governo della polis, ma nel più banale significato di prassi per la conquista, la gestione e il mantenimento di posti di potere e rendite di posizione. Ma rimane il fatto che appare, quantomeno, singolare una competizione dalla quale una parte consistente del mondo politico spera non venga fuori alcun vincitore. Naturalmente nessuno dei protagonisti dello scontro politico, Berlusconi primo fra tutti, ammetterà che questo sia davvero l'obiettivo. Anzi, tutti, a cominciare dal Cavaliere, si affretteranno a negarlo, perché, in fondo, i politici nostrani sono maestri insuperabili nell'arte della «dissimulazione» delle intenzioni - non la «dissimulazione onesta» del celebre omonimo trattatello secentesco di Torquato Accetto che così definiva la «prudenza» - o, se si preferisce, nella prassi della menzogna finalizzata all'ottenimento di certi obiettivi. La confusione nella quale sembra immerso il Pdl è il risultato di questa scelta tattica, di pura sopravvivenza: una scelta che implica la messa da parte non solo di programmi concreti ma anche di riflessioni identitarie per l'esistenza stessa o la rinascita di un centro-destra liberale e democratico capace di rispondere alle sfide di una società profondamente cambiata negli ultimi anni. Berlusconi sta impostando la campagna elettorale attraverso la riproduzione di schemi e l'utilizzazione di strumenti, che, un ventina di anni or sono, al momento della discesa in campo, gli assicurarono la vittoria. Ma un ventennio, in politica, pesa molto più dei due decenni che lo compongono. Almeno una nuova generazione è nata dopo il crollo del comunismo e dopo la fine delle ideologie. E questa generazione, non ancora o ben poco rappresentata nei centri decisionali della politica, non ha interesse, forse mai l'ha avuto, a sentir parlare di destra e di sinistra, di fascismo e di antifascismo, di comunismo e di anticomunismo. I suoi parametri intellettuali non corrispondono a quelli del vecchio universo della politica politicante. Ed è, proprio, su questa generazione che dovrebbe fissarsi l'attenzione del politico lungimirante: anche perché una parte dell'area dell'astensione o di rifiuto della politica o di rivolta contro le miserie della cattiva politica è occupata da tanti suoi esponenti. La legislatura si sta chiudendo male. E nel caos. Proprio perché non si dà risposta a una richiesta di rinnovamento che è generazionale, certo, ma anche di mentalità. La sfida che il sindaco di Firenze ha mosso a Bersani ha catalizzato, all'interno di uno schieramento politico, quest'ansia di nuovo. La sconfitta di Renzi è stata una «vittoria morale». Anche se la «vittoria morale» potrebbe tornare a essere una sconfitta cocente nell'ipotesi, non fantascientifica, che «rottamati illustri», magari non eletti, possano ricoprire ruoli importanti nel futuro governo. In questo quadro, un ruolo importante e innovativo potrebbe davvero giocarlo il «partito di Monti». A patto, però, che esso fosse non già, come si vuole da qualche parte, l'espressione del «centrismo» o del «moderatismo» (concetti, come il «centro-destra» e il «centro-sinistra», ormai obsoleti), ma piuttosto il punto di raccolta, attorno a un programma definito e concreto, di un mondo vario e ampio trasversale agli schieramenti tradizionali: un mondo che vada, per intenderci, dai «rottamatori» del Pd agli orfani della «rivoluzione liberale» del Pdl. Un insieme di individui che gettino via le ideologie, di ogni colore, e i loro cascami. Percorso, difficile, forse impossibile. Ma che potrebbe inaugurare una nuova epoca. Un'epoca di normalità. Ed evitare il caos.

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