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Silvio è un maestro nel raccontare senza approfondire

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Confessoche, nella domanda non c'è alcun spirito polemico, ma soltanto un mix di divertita curiosità e di tollerante simpatia per una persona che, invecchiando, mette sempre più in evidenza una psicologia complessa caratterizzata da un Ego debordante e dall'assenza di un qualunque SuperIo. Il Cavaliere, infatti, ci ha ormai abituati ad affermazioni visibilmente contrarie alla verità, ma raccontate con un apparente candore che le fa sembrare vere. Berlusconi è un grande comunicatore televisivo ed è consapevole del fatto che un discorso pronunciato sui teleschermi, in presenza di un interlocutore servizievole che lascia dire, guardandosi bene da smentire quelle parole, finisce per essere accettato da chi lo ascolta. La televisione è divenuta una fabbrica di luoghi comuni e di parole d'ordine scontate, senza che sia tentato - quasi mai - uno sforzo di approfondimento. E in questo campo Berlusconi è un maestro. L'altra sera, nel salotto di Bruno Vespa, il Cavaliere ha superato se stesso. Non solo si è esibito con il sopravvenuto sfoggio del Brunetta-pensiero, tornando a definire un imbroglio lo spread. Ma singolare è stata la sua versione del vertice del Ppe di Bruxelles che ha incoronato Monti come proprio mandatario nel BelPaese. Ad ascoltarlo, il Cav si è attribuito il merito di aver invitato Mario Monti e di aver concordato con gli esponenti di quel partito l'ipotesi di far scendere in campo il Professore. Il fatto è che, nelle stesse ore, arrivava dal presidente Martens una secca smentita. Ma Berlusconi ha insistito: Martens (sic !) non vuole far vedere di essere influenzato da lui. La migliore performance del Cavaliere ha riguardato la spiegazione del voto di astensione, il 6 e 7 dicembre. Prendiamo le agenzie e facciamo parlare proprio l'ex premier: «Monti poteva tranquillamente non dare le dimissioni, l'ha deciso lui di annunciarle, è stata una decisione sua. Noi non l'abbiamo mai sfiduciato, abbiamo solo comunicato la nostra astensione che comunque permetteva di approvare tutti i provvedimenti». Poi ha aggiunto: «Poteva essere tranquillamente mantenuto l'assetto attuale con il governo dei tecnici che finiva la legislatura». Con quale faccia tosta si possono fare considerazioni simili? Come dovrebbe reagire un esecutivo nei confronti del quale il partito più importante della maggioranza passa unilateralmente dal voto favorevole all'astensione sulla base di un duro attacco alla sua linea politica complessiva, la stessa che fino a poche ore prima era sostenuta lealmente (pur con qualche mal di pancia) dai gruppi del Pdl? Non si dimentichi mai che in quelle tragiche giornate (tragiche ovviamente per la gratuità dell'errore compiuto) sia Cicchitto sia Alfano dichiararono che il Pdl si impegnava soltanto al varo della legge di stabilità. Monti non poteva che prenderne atto e annunciare le dimissioni dopo il varo di quella legge fondamentale. Era chiaro, allora, che il governo aveva i giorni contati. Basti pensare che, nel novembre del 2011, Berlusconi rimise il mandato quando gli mancarono una manciata di suffragi per arrivare alla soglia magica dei 316 voti. Il 6 e il 7 dicembre, al governo in carica è venuta a mancare una trentina di voti. Ma soprattutto hanno pesato le critiche contenute negli interventi pronunciati in Aula. Il segretario affermò, infatti, che per il Pdl l'esperienza del governo Monti poteva ritenersi conclusa. Tutto ciò premesso, cerchiamo adesso di capire l'ulteriore svolta del Pdl. Nelle ultime ore non sembra esservi più l'urgenza di votare al più presto, tanto che il gruppo ha annunciato l'intenzione di voler esaminare attentamente la legge di stabilità varata dal Senato. Peccato che non si capisca a che cosa serva questo minuzioso esame, visto che la legge prima o poi sarà approvata, entro la fine dell'anno, in via definitiva a Montecitorio e senza cambiare neppure una virgola. Come se non bastasse, Berlusconi non ha cercato giri di parole: a lui serve uno spostamento della data delle elezioni per poter andare in tv il più possibile, fuori dei vincoli della par condicio. *deputato del Pdl

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