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Una pensione di 2500 euro al mese, spicciolo più spicciolo meno.

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Soldiche non andranno a lui ma a tutti quei deputati e senatori, circa un terzo dei parlamentari, che matureranno il vitalizio solo a partire da aprile dell'anno prossimo (più una manciata addirittura negli anni successivi). Su di loro, più che su sottili alchimie politiche e appelli alla responsabilità si regge il governo del Professore. Un bel «gruppone» che ha fatto bene i suoi calcoli e che non è disposto a rinunciare a una pensione garantita solo per far cadere l'esecutivo in anticipo e andare a votare in ottobre. Anzi quello sarebbe un caso «sciagurato» come lo definisce qualche deputato chiacchierando sottovoce in Transatlantico, perché con la legge modificata nel 2007 i parlamentari ricevono il vitalizio solo dopo 5 anni di effettivo mandato, mentre prima bastavano due anni e mezzo. Assegno che gli verrà dato a partire da 65 anni di età. Ma il tetto può esser abbassato per ogni anno in più di presenza in Parlamento. Il gruppo è trasversale e riguarda tutti i partiti. E facendo qualche calcolo si scopre che considerando solo quelli che sono «in corsa» per la pensione il governo ha praticamente la maggioranza garantita sia alla Camera sia al Senato. Ipotizzando che il Pdl o il Pd o entrambi decidano di togliere il sostegno a Monti, una «fronda» dei deputati ancora senza vitalizio delle due formazioni, sommata ai partiti che comunque garantirebbero «per responsabilità» il sostegno all'esecutivo (Fli, Popolo e Territorio, Udc e gruppo Misto), arriverebbe a contare 299 voti, cioè 17 in meno a quelli necessari ad avere la maggioranza. Nel Pdl sono infatti 79 su 209 (tra questi Amedeo Laboccetta, Viviana Beccalossi, Giancarlo Lehner, Maurizio Scelli, Elvira Savino, Ignazio Abbrignani, Marco Milanese, ex consigliere di Giulio Tremonti e l'ex ministro Anna Maria Bernini), e un po' di più nel Pd, 85 su 205 (tra gli altri Andrea Sarubbi, il braccio destro di Veltroni Walter Verini, Pina Picierno, Francesco Boccia e Marco Causi). Negli altri partiti i deputati che matureranno la pensione dall'anno prossimo sono 38 su 59 nella Lega, 7 su 38 nell'Udc, 13 su 46 nel gruppo Misto, 12 su 21 nell'Italia dei Valori, 12 su 25 in Popolo e Territorio, 8 su 26 in Futuro e Libertà. Situazione molto simile a palazzo Madama. Una fronda di soli dissidenti del Pd e del Pdl aggiunti agli altri partiti che formano la maggioranza arriverebbe a 127 voti, un po' al di sotto dell'asticella della maggioranza che è fissata a quota 157 ma comunque in grado, con poche «aggregazioni» di non far cadere Mario Monti. Anche perché nel caso fosse uno solo dei due partiti maggiori a voler togliere l'appoggio all'esecutivo, l'altro andrebbe ad aumentare il gruppo favorevole alla fiducia. In qualche votazione si è già visto come ormai Angelino Alfano e Pier Luigi Bersani facciano fatica a tenere compatti i gruppi. Alla Camera, ad esempio, il ddl anticorruzione è stato approvato con una larga astensione da parte dei deputati del Pdl. Ma il «gioco» della protesta, spiega un deputato, va in scena solo se si è comunque sicuri che il governo non vada sotto. Altrimenti tutti a votare. Anche perché alle prossime elezioni pochissimi sono quelli sicuri di avere un posto in lista. E di riuscire comunque a essere rieletti. Quindi meglio tenersi stretta la pensione. Che verrà.

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