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Il governo fa dietrofront sulle misure per ridare liquidità alle imprese e in particolare sulla possibilità di effettuare le compensazioni fiscali.

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Unarichiesta fortemente supportata dal Pdl di Alfano e che aveva riportato un minimo di serenità tra le aziende in procinto di compilare le dichiarazioni dei redditi. Ebbene niente da fare. Nella bozza del Dl Sviluppo su cui è al lavoro il Governo, le norme che fissano da uno a cinque milioni di euro i tetti, diversi per tipologia di società, per la compensazione dei crediti fiscali è saltata. O meglio ne è stata ritardata l'applicazione con un artificio degno della migliore tradizione dei giochi di prestigio. Al posto della norma è stata infatti prevista l'emanazione entro 60 giorni del decreto già previsto da una legge del 2009. Dunque la situazione è la seguente: la legge che consente di sottrarre alle tasse quanto si attende dallo Stato esiste da oltre 3 anni. Inapplicata, chiaramente, per la mancanza dell'atto governativo che la rende operativa. Ora che le imprese già pregustavano i risparmi già nel saldo e nell'acconto della dichiarazione di luglio l'esecutivo si è ricordato della norma esistente. Dunque meglio attendere i 60 giorni per scriverlo piuttosto che introdurre una nuova disposizione. Giusto in termini di procedura legislativa ma poco onesto nei confronti delle imprese. Che dovranno pagare integralmente. Senza sconti. Insomma nelle casse dello Stato deve entrare il gettito iscritto nelle previsioni senza un euro in meno. Quindi prima si paga. Poi, entro 60 giorni, sarà spiegato come fare per recuperare i crediti vantati con il fisco. Peccato che per le prossime dichiarazioni si dovrà aspettare almeno fino a novembre se non il prossimo luglio. Ma ormai la semestrale di cassa che il Tesoro compilerà sarà ben ricca di denari. Anche di quelli non dovuti. Le imprese saranno sul lastrico ma l'Europa non mancherà di dare una pacca sulla spalla all'esecutivo. Per completare il gioco di prestigio la relazione illustrativa del dl Sviluppo spiega che il dl78 del 2009, poi convertito in legge, «aveva previsto l'elevazione dell'importo relativo alle compensazioni dei crediti mediante un decreto attuativo peraltro finora mai adottato. La norma pone pertanto un termine per la sua emanazione di 60 giorni al fine di garantire l'operatività della prevista misura per le imprese». Resta nella bozza, incorporata in questo stesso articolo, la norma che innalza le soglie di compensazione per i versamenti Iva. Piccola consolazione. Secondo quanto risulta a Il Tempo però l'escamotage per bloccare una pratica assolutamente civile nei rapporti commerciali e cioè appunto la compensazione fiscale sarebbe stato sollecitato dalla Ragioneria dello Stato. L'unico pezzo dello Stato in grado di autorizzare il pagamento delle spese. Non è la prima volta che le buone intenzioni di Governo e Parlamento si infrangono sulla diga eretta dal ragioniere dello Stato Mario Canzio a difesa dei conti pubblici. Nelle casse statali il cash scarseggia. Il finanziamento sui mercati internazionali è sempre più difficile e soprattutto costoso. Dunque far mancare il gettito dell'acconto e dei saldi a fine giugno non se ne parla proprio. Anche a costo di fare un figuraccia.

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