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Sel e Idv insistono. Bersani prende tempo

Il segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani

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Bersani ha scelto di non scegliere. Almeno per il momento. Il segretario del Partito Democratico, atteso oggi da una Direzione Nazionale che non dovrebbe registrare particolari sconvolgimenti, respinge l'ultimatum di Vendola e Di Pietro. Troppo presto per immaginare alleanze, a maggior ragione se ancora non si conosce con quale legge si voterà nel 2013. In caso di doppio turno i democratici, attualmente partito di maggioranza relativa, vogliono essere loro a dettare le condizioni. L'ultimatum di Vendola e Di Pietro durante la trasmissione «In onda» ha anzi irritato il segretario. «La mia sagoma di cartone? - ha detto - il buon gusto è facoltativo, non obbligatorio. Comunque domani (oggi, ndr) ci sarà la direzione del partito e comunicheremo la decisione». Il «messaggio» che il leader Pd aveva annunciato per oggi resterà quello previsto: un appello a tutta l'area progressista, un'esortazione da rivolgere più agli elettori che ai capi di partito. No ai tatticismi e alle alleanze che in questo momento hanno appeal zero per gli elettori, sì all'apertura alla società, agli intellettuali, ai movimenti, con un patto di 10 riforme per una legislatura di ricostruzione. Se proprio di alleanze di vuol parlare, non è da scartare l'ipotesi di una lista civica da affiancare a livello nazionale al Pd. Magari con la sponda dei vari sindaci Emiliano, Pisapia o De Magistris. Il pressing dei leader di Sel e Idv è continuato anche ieri. A partire dal contenuto del documento finale dell'assemblea di Sinistra e Libertà. «Vanno convocati gli stati generali del futuro - di legge - se Bersani e il Pd dicessero di no, Sel e Idv sono pronti ad aprire il cantiere e a metterlo a disposizione di chi voglia cambiare il Paese». Ha rincarato la dose Di Pietro: «Non vogliamo tirare per la giacchetta nessuno e neanche continuare ad aspettare. A Vasto (dove a settembre si terrà la festa dell'Idv, ndr) chi vuole venire è bene accetto. Chi non vuole esserci, non ci impedirà di fare il nostro lavoro». Per il segretario, in realtà, mai decisione è stata così semplice. Un Pd spesso diviso in quest'occasione si è ritrovato unito. La parte popolare, ben rappresentata dall'intervista che ieri Follini ha concesso a Il Mattino, teme lo sbilanciamento a sinistra: «Non possiamo sostenere il governo e poi allearci con chi lo contesta», ha detto il senatore, aggiungendo che «c'è un elettorato di centrodestra in libera uscita e diventa assurdo chiudersi in un fortilizio minoritario». Sulla stessa linea D'Alema, che tramite la vicina agenzia La Velina Rossa fa sapere che i democratici non possono piegarsi ai diktat dei «partitini». Archiviata per il momento la questione alleanze, resta in ballo quella delle primarie. Ieri l'edizione online di Micromega ha pubblicato un appello firmato, tra gli altri, da Gad Lerner, Arturo Parisi e Paolo Flores D'Arcais, in cui si chiedono a Pd, Idv e Sel, «primarie vere di coalizione», perché rinviarle a dopo giugno significherebbe «non farle o renderle fittizie». Un tasto sul quale oggi in direzione batterà sicuramente, lo ha annunciato sul suo blog, l'ex «rottamatore» Filippo Civati, consigliere regionale in Lombardia. Mentre sono attese le parole di Matteo Renzi, anche lui a Roma per presentare il suo ultimo libro. Insomma, i problemi per il segretario potrebbero venire più dall'interno che da imposizioni esterne. Anche sul fronte riforme, perché non tutti hanno gradito la chiusura assoluta alla proposta sul semipresidenzialismo del Pdl. «Molti dicono che si tratta di un bluff, ma se è così come nel poker devi andare a vedere. Sarebbe contraddittorio lasciar perdere», ha spiegato Paolo Gentiloni intervenendo ad Agorà.

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