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Il Pdl in attesa della svolta conta i danni e si divide

Il segretario del Pdl Angelino Alfano

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Al risveglio la situazione non si presenta migliore della sera precedente. Il voto per il Pdl è stato una Caporetto e il Piave è ancora lontano. Così serpeggia la paura per un esercito in rotta. E non consolano le difficoltà del Pd. Il fatto è che il Pdl non è mai stato così debole nonostante Alfano ricordi le regionali del 2005 con la sconfitta in 15 regioni su 17. Il segretario per dovere d'ufficio deve lanciare una parola di speranza e si attacca a uno slogan: sconfitti non scomparsi. Ma il solo fatto che, anche se per negarla, parli di scomparsa non è un buon segno. E in attesa della svolta annunciata, ma dai contenuti ancora incerti, sul tappeto restano i timori. E la speranza resta aggrappata a quella salvifica svolta annunciata dal segretario. Alfano lancia messaggi di ottimismo: la sconfitta è solo l'ultimo atto di un film che sta per finire. E rinnova l'annuncio: «Con i moderati intendiamo costruire una sola squadra per realizzare un'alternativa maggioritaria nel Paese alle forze di centrosinistra». Non è un vuoto proclama, assicura, infatti precisa che «nei prossimi giorni verrà resa pubblica una novità. Abbiamo le idee abbastanza chiare con Berlusconi sulle cose da fare per il futuro. Si tratta di una nuova offerta politica nella quale indicheremo un percorso accettabile anche da altri soggetti in campo». Che pensi a Casini è evidente, ma il leader dell'Udc prende tempo. Lui sul sostegno pieno a Monti non fa sconti. Mentre nel Pdl ci sono tanti dubbiosi. Soprattutto tra gli ex An come Matteoli. Anche l'alleanza dei moderati suona in modo stonato per alcuni. L'ex ministro Meloni non va tanto per il sottile. «Basta con i moderati - dice - Il voto dimostra che gli italiani sono arrabbiati e la sfida che ci lanciano è capire e interpretare quel malcontento». La questione però è forse più profonda. Il sindaco di Roma, Alemanno, va dritto al cuore del problema e sollecita interventi e non solo buoni propositi. Alfano ha annunciato una svolta, la faccia, non è più rinviabile perchè «il Pdl così non può andare avanti», o meglio se non cambia non va da nessuna parte. Va bene il cambiamento del nome, ma c'è bisogno di molto altro, una rivoluzione radicale da effettuare in mezzo alla gente, con qualcosa di simile a un congresso «non certo nel chiuso di una stanza». E la svolta deve riguardare «la classe dirigente e soprattutto una precisa ricetta politica ed economica per affrontare la crisi, anche di fronte alle difficoltà che sta incontrando il governo Monti. Ci vuole un messaggio forte alla comunità nazionale che dia una speranza e una prospettiva alla gente». Alemanno così pone le basi per la costruzione di un partito nuovo capace di darsi un programma e di dibattere liberamente e apertamente per arrivare a una sintesi. Ma soprattutto ipotizza una forza politica che non sia solo un esercito obbediente agli ordini di un capo o di un gruppo dirigente lontano dagli elettori. Adesso lo sguardo è rivolto a Berlusconi. La posizione di Alfano, nonostante le critiche, non sarebbe in discussione. Ma verrebbe affiancato da altri giovani per un vero ricambio generazionale. Per accontentare le diverse anime del Pdl, invece, il Cavaliere progetterebbe la costituzione di una federazione dei moderati con al centro il gruppo di Forza Silvio formato dai fedelissimi con in prima fila la Santanchè che non perde occasione per ipotizzare il ritorno al timone dell'ex premier. Poi una lista dei cattolici per lanciare un ponte all'Udc e una lista civica per coinvolgere Montezemolo. Berlusconi ne sta parlando in questi giorni. E visto il precipitare degli eventi Alfano potrebbe dare l'annuncio nelle prossime ore. Si tratta però di un progetto con tante incongnite. Reali sono divisioni e paure. E la sconfitta.

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