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Grillo a Bersani: "Sei quasi morto". Lui risponde: "Stai sereno"

In una combo il segretario del Pd Pier Luigi Bersani e Beppe Grillo

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Il giorno dopo i ballottaggi delle amministrative il risveglio di Pier Luigi Bersani non è certo quello del vincitore «senza se e senza ma». Per il segretario del Pd non ci sono fuochi d'artificio né cori da stadio. Anzi, sono in molti, a cominciare dalla «tessera numero uno» dei Democratici Carlo De Benedetti, ad avanzare qualche «se» e qualche «ma» sulla vittoria. L'analisi è semplice. Numericamente il Pd ha conquistato più comuni che il Pdl. Ma se dall'aritmetica si passa alla politica il dato è tutt'altro che incoraggiante. Brucia la «non vittoria» di Parma. Così come la sconfitta di Palermo dove i Democratici appoggiavano Fabrizio Ferrandelli. E poi Genova, Rieti e Taranto conquistate o confermate con candidati di Sel. Senza dimenticare Belluno dove il Pd è stato sconfitto da un ex Pd fuoriuscito dopo la decisione di non celebrare le primarie. Insomma, più che un vincitore, Bersani somiglia a un «sopravvissuto». E Beppe Grillo non perde l'occasione per farglielo notare. «Il non morto (ma quasi) di un partito mai nato Bersani - scrive sul proprio blog - ha detto di aver "non vinto" a Parma, Comacchio e Mira. Chiamate un'ambulanza per un TSO». Quindi, dopo aver definito il segretario Pd «il pollo che si crede un'aquila», un altro colpo: «Prima di parlare di lavoro, Bersani dovrebbe lavorare, ci provi, in futuro ne avrà bisogno». Il guanto di sfida è lanciato. All'avversario la replica. «A Grillo dico: "Sta sereno - risponde -, ora sei un capo partito anche tu e non basterà bestemmiare gli altri, dì qualcosa di preciso per il Paese...e sta sereno». Poi, in serata, ironizza: «Noi semplici uomini, siamo quasi tutti morti. Viviamo su quel "quasi"...» Ma è chiaro che l'attacco lanciato dal comico genovese non è indolore. A via del Nazareno sanno che il rischio di venire travolti dall'ondata di antipolitica che ha già colpito Pdl e Lega è dietro l'angolo. La tentazione è quella di restare fermi aspettando che tutti implodano. Magari raccogliere, con un voto anticipato, i frutti di questa situazione ed impedire che Grillo si rafforzi troppo. Ciò nonostante la lezione del 1994 non è passata invano e nessuno ha intenzione di ripetere l'esperienza della «gloriosa macchina da guerra» di occhettiana memoria. Così, meglio muoversi in pressing sul premier Mario Monti e cercare di riconquistare gli elettori delusi. Lo dice sinteticamente il vicesegretario democratico Enrico Letta: «Servono cambiamenti e riforme, soprattutto sulla trasparenza. Altrimenti Parma diventa l'Italia». Ecco allora che, prima di entrare a Palazzo Chigi per vedere a cena il presidente del Consiglio, Bersani fa la sua personale «lista della spesa»: «C'è assolutamente bisogno che nella dimensione europea ci sia un margine per noi o con provvedimenti su scala europea o analizzando la situazione italiana». Basta con il rigorismo fine a se stesso, «abbiamo davanti la recessione e dobbiamo trovare assolutamente un punto di riuscita». L'agenda è fissata: «investimenti a partire dagli enti locali» e «la soluzione del problema degli esodati». Ma anche un alleggerimento dell'Imu che «va ricongegnata su tre gambe: ridurre l'impatto affiancando un'imposta personale sui grandi patrimoni immobiliari; legare l'imposizione ai valori di mercato perché per una riforma del catasto ci vogliono anni; assegnare l'insieme dell'Imu ai Comuni riducendo i trasferimenti statali». Bersani sa che non è possibile avere tutto e subito, ma occorre partire il prima possibile perché «c'è molto disagio in giro» e «l'esecutivo deve deve stare con l'orecchio attento». Insomma il leader del Pd prova a spostare la barra del governo verso temi più popolari. È l'unico modo per recuperare credibilità e fiducia. E depotenziare Grillo. Che comunque non è l'unico problema del Pd. Dopo il successo della coalizione di centrosinistra alle amministrative Antonio Di Pietro e Nichi Vendola sono tornati a pressare Bersani. Tonino fa sapere che dopo la direzione democratica di martedì, si avvierà un «tavolo di discussione» a tre. Il governatore pugliese invita gli alleati ad accantonare l'idea di un'alleanza si spinga verso il centro. Il «vincitore» Pier Luigi non potrà fare a meno di ascoltarli.

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