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Ora la procura indaga sulle fondazioni Dl

Il senatore Luigi Lusi

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Accertamenti su società e fondazioni che hanno ottenuto finanziamenti nel periodo in cui Luigi Lusi è stato tesoriere della Margherita. I pm vanno avanti. Tra le società sotto la lente degli inquirenti c'è anche la M&S Congress, azienda di Catania legata al marito della segretaria del presidente dell'Assemblea federale Dl, Enzo Bianco, destinataria, secondo quanto riferito da Lusi nel corso dell'audizione al Senato, di 105 mila euro l'anno tra il 2009 e il 2011. Una «pista» seguita da tempo. I pm vogliono capire se i fondi siano stati destinati a iniziative politiche o ad attività illecite. Nel frattempo gli ex Dl tirati in ballo da Lusi denunciano la malafede dell'ex tesoriere e annunciano querele. La più combattiva è Rosi Bindi, presidente dell'assemblea del Pd, che annuncia un'azione legale contro Il Giornale e «tutti gli organi di informazione che hanno pubblicato il falso nei miei confronti» ribadendo che le sue iniziative politiche sono «autofinanziate: non ho mai ricevuto da Lusi nemmeno un euro. Né sono mai stata a conoscenza di presunti accordi spartitori». Non vuole commentare Giuseppe Fioroni, che si limita a ribadire che finanziare con denaro pubblico dei partiti le attività politiche è una cosa normale. Enzo Bianco, al quale Lusi ha detto di aver versato dai 3 mila ai 5 mila euro al mese, ha annunciato che voterà sì alla richiesta di arresto nei confronti del senatore. Non una ritorsione, ma una scelta di coerenza: «Io vengo dal partito Repubblicano - ha spiegato Bianco - e la mia linea, tranne che non ci siano evidentissimi elementi di fumus persecutionis, è che ho sempre votato per l'arresto». Riguardo alle dichiarazioni di Lusi, Bianco non ha dubbi: si tratta di una strategia con la quale il senatore del Pd vuole passare «dal banco dell'accusato di cose molto gravi a quello dell'accusatore». D'altra parte, aggiunge, «lo dicono i magistrati, è in corso un'attività per distrarre l'attenzione, sollevare polveroni, inquinare le prove». Non usa mezzi termini il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che, a sentir Lusi, avrebbe beneficiato di un versamento di 70 mila euro dopo il quale Francesco Rutelli avrebbe chiesto di interrompere i pagamenti. «Non c'è niente di male - spiega Renzi - a ricevere soldi del finanziamento pubblico se si usano bene. Io però confermo la mia tesi: abolizione totale del finanziamento pubblico ai partiti». C'è spazio anche per la polemica: «Sul caso Lusi vorrei fosse chiaro che non finisce qui. E rilancio l'appello: i tesorieri (Ds, Margherita, Idv, Forza Italia, An, Lega, ecc.) mettano on line tutte le spese fatte con il finanziamento pubblico ai partiti. Così si vede chi racconta balle e i cittadini si fanno la loro idea» scrive il sindaco Renzi sulla sua pagina Facebook. Ieri il «rottamatore» del Pd ha deciso di rendere noti i primi 56 nomi dei finanziatori delle sue campagne elettorali. «In giornata - spiega Renzi sul social network - arriverà un altro elenco di persone che hanno contribuito alla mia campagna elettorale e accettano di rendere pubblico il proprio supporto». Storce il naso il tesoriere del Pd, Antonio Misiani: «Per conoscenza di Matteo Renzi, i bilanci del partito a cui è iscritto, il Partito Democratico, sono on line fin dalla sua fondazione. In ogni momento, ogni cittadino può verificare dove il Pd si procuri le risorse e come le impieghi. Con la nuova legge sul finanziamento ai partiti, da noi fortemente voluta - aggiunge - questo atto di trasparenza diventerà finalmente obbligatorio per tutti. Siamo felici che anche il sindaco di Firenze si sia ufficialmente unito alla nostra battaglia per la trasparenza».

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