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Arriva la tassa sull'aranciata

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È in arrivo la tassa sulle bibite gassate. Per ora è allo studio del governo che, tuttavia, ha già messo nero su bianco la misura anche per «lanciare un segnale a tutti i cittadini e rafforzare le campagne di prevenzione e di promozione degli stili di vita, soprattutto dei nostri ragazzi, la metà dei quali consuma troppe di queste bevande». Lo annuncia lo stesso ministro della Salute, Renato Balduzzi, alla trasmissione Radio anch'io. Il prelievo comporterebbe un aumento del prezzo delle bottigliette da 33 cl di 3 centesimi di euro ognuna. «Un prelievo che - ha spiegato ancora Balduzzi - porterebbe 250 milioni su base annua, che non sconvolge il sistema, non crea problemi ai consumatori né ai produttori ma che lancia un messaggio chiaro riguardo a un problema sottostimato». Nessuna tassazione generale dunque, ha ribadito il ministro, spiegando in conclusione che quella del prelievo di scopo «è una proposta che è stata discussa in seno al Tavolo della Salute». Ma le proteste si fanno sentire immediatamente. Non sono contenti né i produttori né i consumatori. «Non abbiamo ancora quantificato i danni - spiega il presidente di Assobibe, l'associazione bibite e bevande analcoliche, Aurelio Ceresoli - C'è la crisi economica, abbiamo subìto gli aumenti delle materie prime senza alzare i prezzi per i consumatori, la tassa ci penalizzerebbe davvero. Va anche considerato che la nostra capacità di investire è calata». Ceresoli fa i conti: «Il prezzo dello zucchero è salito fino al 30%, quello del petrolio, che serve per plastica e trasporti, è sotto gli occhi di tutti. Cosa dovremmo fare?». Poi va calcolata anche l'Iva: «È già aumentata dal 20 al 21 per cento e c'è la possibilità che arrivi al 23 per cento». Il rischio di non riuscire a mantenere gli attuali livelli di occupazione è reale: «Nel nostro settore lavorano 8 mila persone occupate direttamente e circa 25 mila indirettamente. È evidente che se venisse introdotta la tassa sulle bevande ci sarebbe un calo dell'occupazione, anche a fronte di una diminuzione del consumo». Tra l'altro, sottolinea il presidente di Assobibe, è «una tassa che colpisce soprattutto le fasce di reddito più basse, che dedicano più spese all'alimentazione». Per non parlare del calo del consumo nei locali, «piuttosto rilevante». Ma il numero uno dei produttori di bibite se la prende col ministro della Sanità, anche perché «secondo i dati dell'istituto nazionale per l'alimentazione, le calorie assunte dai bambini sono solo 11, per i ragazzi 25 e per gli adulti 11». Insomma, «i consumi non sono così elevati tra i giovanissimi». Ceresoli non si arrende: «Abbiamo chiesto un incontro al ministro Balduzzi per spiegare la nostra posizione». Si fa sentire anche la Fipe-Confcommercio, la federazione che raccoglie i pubblici esercizi: «Mettere una nuova tassa, sia pure di pochi centesimi, per disincentivare il consumo di bevande analcoliche gassate considerate dannose per la salute non porterà a nulla di fatto» dice il presidente, Lino Stoppani, di fronte all'ipotesi avanzata dal ministero della Salute, secondo il quale una corretta alimentazione anche in fatto di bevande può arrivare per il tramite di altri strumenti, in primis proprio la scuola e il pubblico esercizio. «L'educazione alimentare - approfondisce Stoppani - si coltiva sollecitando il consumatore a conoscere i valori nutrizionali di ciò che beve e di ciò che mangia. E questa educazione deve partire dalle aule scolastiche, perché un bambino ben educato al cibo diventerà un consumatore più consapevole. Questa tassa di scopo porterà solo a diminuire le vendite di bibite gassate oppure a ridurre i fatturati di baristi e ristoratori». Fipe ricorda anche che le tasse di scopo difficilmente centrano l'obiettivo di limitare un comportamento scorretto, soprattutto nel campo alimentare. Proprio con finalità di educazione alimentare, Fipe ha lanciato iniziative, come il bollino blu, dirette ai suoi associati che consistono nella promozione di pasti salutistici ed equilibrati dal punto di vista nutrizionale e calorico. E ricorda che l'obesità, soprattutto quella infantile, è frutto di una serie di fattori che vanno dalla vita sedentaria ad una scelta inadeguata di alimenti e loro relative quantità. «Il fatto poi - conclude Stoppani - di ispirarsi all'iniziativa francese di tassare bevande gassate nel tentativo di raccogliere fondi da destinare alla tutela della salute non può essere un buon motivo da replicare in Italia dove la tassazione è fra le più alte d'Europa». In effetti, l'Iva in Francia è al 5,5%. Ma la norma non piace nemmeno ai consumatori. Il Codacons la boccia senza appello. «Si tratta di una "tassa ipocrita" - spiega il presidente, Carlo Rienzi - Con la scusa della corretta alimentazione e dello scopo sanitario, il governo vuole mettere le mani nelle tasche dei cittadini, aumentando il costo delle bibite gassate. In sostanza per colmare i vuoti delle casse statali si cerca di far perdere i chili di troppo agli italiani». Rienzi aggiunge: «Anche noi siamo contrari al consumo eccessivo di prodotti che possono risultare negativi per la salute, ma se davvero il ministro ci tiene a diffondere uno stile di vita sano e una corretta alimentazione, dovrebbe aumentare l'informazione specie attraverso campagne dirette ai giovani. Non si capisce poi - prosegue Rienzi - perché tassare solo le bibite gassate lasciando fuori altri prodotti alimentari che fanno altrettanto male alla salute, come merendine o patatine fritte». Sarà un'idea per il governo alla ricerca disperata di maggiori entrate?

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