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I suicidi per i debiti calano rispetto agli anni precedenti

La marcia delle vedove dei suicidi per colpa della crisi

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È sempre difficile e rischioso ridurre un dramma umano e sociale ad una mera questione numerica. Ma quello dei suicidi legati alla crisi economica è ormai diventato un tema che, proprio per la sua "contabilità", viene caricato di messaggi e significati. Dall'inizio dell'anno sono state 38 le persone che si sono tolte la vita per motivi economici. Gli ultimi tre casi proprio in questi giorni. Un bilancio che sicuramente impressiona e che ha immediatamente scatenato la polemica tra chi li considera, più che suicidi, degli «omicidi di Stato» (la definizione l'ha coniata, ospite di Oscar Giannino su Radio 24, il deputato Pdl Giorgio Stracquadanio). Eppure dal punto di vista statistico il dato è tutt'altro che eclatante. Anzi, è addirittura in controtendenza rispetto agli ultimi anni. A metterlo in evidenza un articolo pubblicato da Wired Italia che parte da una premessa di metodo intervistando Stefano Marchetti, responsabile dell'ultima indagine dell'Istat su suicidi e tentativi di suicidio in Italia (i dati sono quello dell'anno 2010 ndr). «Ogni anno in Italia - spiega Marchetti - si verificano circa 3.000 casi di suicidio, con punte di quasi quattromila casi nei primi anni Novanta. Ogni gesto estremo, come quelli che le cronache recenti raccontano, nasconde una tragedia umana e impone il massimo rispetto. Ma è difficile affermare, a oggi, che vi sia un aumento statisticamente significativo dei suicidi dovuto alla crisi economica. Temo che si stiamo facendo affermazioni forti, senza robuste evidenze scientifiche». Qualche numero a sostegno di questa tesi. I 38 suicidi per motivi economici registrati dall'inizio del 2012 equivalgono a 0,29 al giorno. Un dato inferiore a quello del 2010 (0,51) e del 2009 (0,54). Anche le variazioni percentuale sono minime. Nel 2008, anno in cui la crisi ha cominciato a mostrare tutta la sua durezza, su un totale di 2.828 persone che si sono tolte la vita, quelle che lo hanno fatto per ragioni economiche, sono state 150 cioè poco più del 5%. Nel 2009 (198 su 2986) il 6,6%. Nel 2010 (187 su 3048) il 6,1%. Insomma un po' poco per sostenere che esista "un'emergenza". Certo, resta il dato preoccupante dei suicidi fra i disoccupati. Che purtroppo crescono. Così, se quattro anni fa si registravano 199 suicidi tra coloro che erano alla ricerca di una nuova occupazione e 61 tra chi, invece, cercava la sua prima occupazione, nel 2009 erano già 272 e 85. Mentre nel 2010 288 e 74. I dati, quindi, non dicono che il problema vada sottovalutato, ma di certo l'eccessiva enfasi non aiuta. Lo spiega il professor Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Neuroscienza dell'ospedale Fatebenefratelli intervistato dalla newsletter di informazione sanitaria Federanziani-Sic: «Studi clinici epidemiologici internazionali dimostrano con certezza che le notizie dei suicidi da crisi economica, se presentate in modo sensazionalistico, inducono altri suicidi, innescando un pericoloso "effetto domino". I casi drammatici protagonisti ogni giorno delle cronache nazionali rappresentano un grave problema di questa fase storica del nostro Paese, al quale può essere trovata una soluzione solo con l'aiuto dei medici e degli specialisti». Proprio per questo, Mencacci lancia un appello al governo affinché non «tolga risorse» alla rete di assistenza contro un disagio destinato ad aumentare. Anche se subito aggiunge: «Come medico psichiatra, vorrei però dire che le persone che compiono questi gesti estremi sono nella grande maggioranza dei casi già entrate da tempo nel tunnel della patologia psichica prevalentemente depressiva, che toglie la possibilità di trovare soluzioni alternative». Insomma i dati non mostrano picchi allarmanti, ma l'attenzione deve comunque restare alta. Soprattutto nell'evitare fenomeni emulativi e nel cercare di aiutare chi fatica ad andare avanti.

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